I trattamenti aggiuntivi erogati come indennità di trasferta non vanno genericamente definiti “superminimo”

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Con la circolare n. 6 del 13 aprile 2010, la Fondazione studi dei Consulenti del lavoro si pronuncia sull’interpretazione piuttosto restrittiva fornita dal ministero del Lavoro nell’interpello n. 14, del 2 aprile 2010. Il Dicastero era stato chiamato ad esprimersi in merito al trattamento fiscale e previdenziale da riservare ad un’indennità di trasferta corrisposta da un datore di lavoro. In particolare, con l’interpello citato è stato chiesto di sapere se un datore può erogare ai dipendenti un’indennità di trasferta superiore a quella stabilita in sede di contrattazione collettiva, nazionale o di secondo livello, applicando comunque l’esenzione ai fini fiscali e contributivi prevista dall’articolo 51, comma 5, del Tuir.

Secondo il ministero del Lavoro l’esenzione di cui all’articolo 51 del Tuir è condizionata dal tipo di contratto e, nel caso di accordi individuali, essa deve essere esclusa e la quota di indennità eccedente il minimo stabilito dai CCNL deve essere considerata “superminimo individuale” e come tale assoggettata a imposte e contributi.

Di diverso avviso sono i Consulenti del lavoro. Secondo quanto si legge nella circolare n. 6, infatti, richiamando anche il principio di diritto già fissato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 8075/2009, le somme erogate al lavoratore a titolo di trasferta, anche se in misura superiore a quanto stabilito dal CCNL, si devono considerare retribuzione corrisposta a tale titolo e in nessun modo può essere definito superminimo la misura che, eventualmente, eccede il limite fissato dai CCNL.

La diversa interpretazione fornita dal Ministero del lavoro porterebbe ad una illegittima violazione dell’autonomia contrattuale nel caso in cui le parti avessero rispettato i minimi imposti dai contratti collettivi, che possono sempre essere migliorati anche da un accordo individuale, sulla base del principio del favor rei.

Concludono così i consulenti del lavoro: nel nostro ordinamento giuridico non esiste alcuna norma che legittima la trasformazione in superminimo di ciò che le parti hanno pattuito come indennità di trasferta.

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