STP e associazione professionale, partecipazione non ammissibile

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STP e associazione professionale, partecipazione non ammissibile

Oggetto del Pronto ordini n. 205 del 2 marzo 2021 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili è la legittima partecipazione di una società tra professionisti in una associazione professionale.

Il Cndcec, nel rispondere alla richiesta di parere sollevata dall’Ordine di Milano, di fatto, conferma quanto già sostenuto nel PO n. 169/2018, anche se l’Ordine non rilevando, dal canto suo, alcun divieto normativo che osti all’ingresso della STP in una associazione professionale, sperava che il Consiglio nazionale giungesse a conclusioni differenti rispetto a quelle passate.

STP e associazione professionale, nessuna causa di incompatibilità

Secondo l’Ordine di Milano, la soluzione individuata dal Cndcec non è ritenuta appagante, per due motivi:

  1. non esistono cause di incompatibilità che vietano ad un professionista la contemporanea partecipazione ad una associazione professionale e ad una STP, dato che l’articolo 10, comma 6, della Legge 183/2011 dispone unicamente che la partecipazione ad una STP è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti;

  2. non si può escludere a priori che la partecipazione ad un’associazione professionale sia limitata unicamente ai professionisti persone fisiche.

A ciò, aggiunge l’Ordine di Milano che l’associazione tra professionisti può essere equiparata alla società semplice, come emerso da alcune pronunce giurisprudenziali. Pertanto, l’operazione prospettata sarebbe realizzabile, in quanto l’articolo 2361, comma 2, del Codice civile, già consente l’assunzione di partecipazioni di una società di capitali in una società semplice.

Cndcec, il socio può partecipare solo ad una STP

Di diverso avviso è il Cndcec, che afferma che ricondurre la STP ad una società semplice che esercita attività professionale, significa incorrere nell’ipotesi di una STP che intende assumere partecipazione in un’altra STP.

Questa operazione, però, non è consentita dall’ordinamento poiché con essa verrebbe eluso, anche indirettamente, il divieto sancito nell’articolo 10, comma 6, della Legge 183/2011, che prevede espressamente che “la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti”.

Secondo il Cndcec, quindi, non potendo il socio professionista partecipare a più di una società, sarebbe da escludere la possibilità che una STP partecipi ad altra STP, in quanto, in tal modo, verrebbe ad essere elusa la regola appena richiamata, vale a dire che al socio è consentito partecipare solo ad una Stp.

Per tale ragione, la soluzione proposta di un’associazione tra professionisti - che a seguito della riorganizzazione della struttura – decide di partecipare ad una associazione professionale o studio associato non sembra accoglibile.

Inoltre, il Cndcec ha anche evidenziato come la più recente giurisprudenza abbia abbandonato l’assimilazione dell’associazione tra professionisti alla società semplice: infatti, l’associazione professionale non dovrebbe più potersi qualificare come società semplice, in quanto essa costituisce piuttosto un centro autonomo di imputazione e di interessi rispetto ai singoli professionisti che vi si associano, riconducibile allo schema dell’associazione non riconosciuta.

La conclusione a cui giunge il Consiglio nazione, nel Pronto ordini n. 205/2021 è, dunque, che: “in assenza di una compiuta disciplina delle associazioni tra commercialisti, a cui probabilmente si renderà necessario metter mano in un prossimo futuro, eventuali riorganizzazioni dell’attività professionale esercitata da uno stesso professionista, più che ricorrere a soluzioni che per ora non trovano un solido appiglio normativo, potranno realizzarsi tramite altri istituti disciplinati nell’ordinamento".

Nel caso specifico rappresentato dall’Ordine di Milano, per esempio, la partecipazione all’associazione tra professionisti da parte di soggetti abilitati all’esercizio della professione forense, comporta per l’associato avvocato il rispetto delle previsioni di cui all’art. 4, comma 2, legge n. 247/2012.

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