Certificazione di parità di genere in azienda, linee guida Uni

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Certificazione di parità di genere in azienda, linee guida Uni

Con la pubblicazione della prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, frutto del lavoro del Tavolo sulla certificazione di genere delle imprese previsto dal PNRR Missione 5, coordinato dal Dipartimento per le Pari Opportunità ed entrata in vigore lo scorso 16 marzo, vengono delineate le azioni necessarie perché le aziende ottengano la certificazione della parità di genere.

Cosa sono le prassi di riferimento e la certificazione di parità

Le prassi di riferimento sono adottate in ambito nazionale e rientrano fra i “prodotti della normazione europea” di cui al Regolamento UE n.1025/2012 introducendo prescrizioni tecniche elaborate sotto la conduzione operativa di UNI.

La prassi di riferimento per la parità di genere nelle aziende prevede la misura, la rendicontazione e la valutazione dei dati relativi al genere, con l’obiettivo di colmare i gap attualmente esistenti e di incorporare il modello della parità di genere nelle aziende, così da produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo.

Il documento non si applica alle Partite IVA che non hanno dipendenti o addetti/e.

Pur avendo natura pre-normativa come tutte quelle emanate dall’Uni, le prassi in oggetto rappresentano comunque per le aziende un punto di riferimento per ridurre i gap di genere volti a conseguire la importante certificazione di parità.

La certificazione di parità di genere consente infatti alle imprese di usufruire di appositi benefici fiscali e di previsioni di favore negli appalti pubblici, come delineati dall’articolo 29 dello schema di decreto legge attuativo del Pnrr approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 13 aprile, che introduce nel codice degli appalti sconti sulla garanzia provvisoria e punteggi aggiuntivi di varia natura.

Le linee guida Uni per la certificazione della parità di genere

Le linee guida elaborate dall’Uni sono suddivise nelle seguenti sei aree:

1) cultura e strategia;

2) governance;

3) processi HR

4) opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;

5) equità remunerativa per genere;

6) tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

All’interno delle singole aree è presente un insieme di indicatori prestazionali (Kpi), che misurano le azioni finalizzate a promuovere le pari opportunità sul luogo di lavoro, associati ad un punteggio dato dal peso attribuito all’area di appartenenza, applicabili o meno in funzione delle dimensioni della azienda.

Per le aziende dai 250 dipendenti in poi sono applicati tutti gli indicatori.

Questi indicatori servono a misurare la politica della parità di genere definita dalla direzione, comunicata ai dipendenti e pubblicata sul sito aziendale, preventivamente elaborata nel piano strategico che individua per ogni settore le azioni da intraprendere, verificate poi attraverso appositi audit interni.

La situazione italiana

Nel contesto italiano, l’Uni evidenzia alcuni elementi critici del comportamento delle organizzazioni nei confronti del lavoro femminile:

1) Retribuzioni e carriere. Le donne sono penalizzate nella retribuzione e nei percorsi professionali poiché occupano livelli professionali inferiori in settori meno remunerativi. Questi divari sono frutto di una cultura aziendale poco aperta alla parità di genere, per scardinare la quale è auspicata l’introduzione di incentivi di varia natura;

2) Genitorialità e cura della famiglia. La tutela legislativa presente nel Paese appare più che altro formale, essendo la genitorialità ancora elemento scoraggiante per l’occupazione femminile perché percepita come foriera di un costo elevato e asimmetrico rispetto a quello legato alla paternità. Si genera dunque un equilibrio discriminatorio da cui è difficile uscire, senza misure specifiche disegnate per lo scopo;

3) Processi di gestione e selezione. I processi gestionali non sono neutri rispetto al genere per l’esistenza di pregiudizi (espliciti ma anche impliciti) all’interno delle organizzazioni, così come non sono neutri i processi di selezione; tutto ciò può portare alla selezione di profili candidati non sulla base del merito ma sulla base di altre caratteristiche. Rimuovere i pregiudizi è estremamente difficile e il loro riconoscimento attraverso indicatori oggettivi rappresenta comunque il primo passo per il loro superamento.

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