Conciliazione agevolata, i chiarimenti del Fisco

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Conciliazione agevolata, i chiarimenti del Fisco

Con la circolare 9/E l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni importanti chiarimenti in materia di definizione agevolata della conciliazione giudiziale, così come disciplinata dalla L. 197/2022 nell’ambito delle misure della cd. “tregua fiscale”. Il documento di prassi, in particolare, fornisce chiarimenti sulla procedura conciliativa “fuori udienza” che permette di definire, con un abbattimento delle sanzioni a 1/18 del minimo e l’ulteriore beneficio di una rateazione in cinque anni, le controversie tributarie pendenti davanti alle Corti di giustizia tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, che hanno ad oggetto atti impositivi.

La norma istitutiva della disposizione agevolativa è l’articolo 1 commi da 206 a 212 della L. 197/2022 il quale stabilisce che, in alternativa alla definizione automatica delle liti pendenti di cui ai commi da 186 a 205 della legge di bilancio 2023, è possibile definire le controversie tributarie mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo fuori udienza con il beneficio di una riduzione delle sanzioni ad un diciottesimo del minimo e l’ulteriore vantaggio di un’ampia rateazione degli importi dovuti. Con il successivo D.L. n. 34/2023 sono state operate importanti modifiche alla norma istitutiva. In particolare, viene stabilito che:

  • sono definibili anche le controversie pendenti al 15 febbraio 2023 innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle Entrate;
  • è prorogato al 30 settembre 2023 il termine per la sottoscrizione dell’accordo con cui si perfeziona la conciliazione totale o parziale.

La conciliazione “fuori udienza”. Aspetti generali

Con la legge di bilancio 2023, il legislatore ha previsto la possibilità di definire in via agevolata la controversia pendente ottenendo una riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo, in luogo della meno favorevole misura del 40% (se in primo grado) o del 50% (se in secondo grado). La conciliazione agevolata, pertanto, si differenzia da quella ordinaria per il solo fatto che si deve trattare di conciliazione “fuori udienza”; occorre, infatti, la sottoscrizione di un accordo tra entrambe le parti da depositare in Corte di giustizia e che deve riguardare atti impositivi in senso sostanziale.

La norma - articolo 48 del D.Lgs. n. 546/1992

1. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia.

2. Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l'accordo conciliativo è parziale, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa.

3. Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il presidente della sezione.

4. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 1, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Al riguardo, nell’ambito della circolare n. 38/E/2015 è stato precisato che:

  • trattasi di una “proposta” alla quale l’altra parte ha previamente aderito e che ciascuna delle parti è legittimata a depositare in giudizio, di primo o di secondo grado, ai fini della definizione della controversia;
  • per il deposito dell'accordo di conciliazione non è previsto un termine fisso. Tuttavia, “si ritiene che un limite temporale sia comunque rappresentato dal momento in cui la causa è trattenuta in decisione, superato il quale apparirebbe vanificato lo scopo deflattivo del contenzioso a cui è preordinata la conciliazione. Pertanto, il deposito della proposta pre-concordata deve avvenire non oltre l’ultima udienza di trattazione, in camera di consiglio o in pubblica udienza, del giudizio di primo o di secondo grado".

Pertanto, se sussistono le condizioni di ammissibilità della conciliazione, il giudice dichiara la cessazione della materia del contendere (che può essere anche parziale ove l’accordo riguardi solo una parte della pretesa erariale) e si procede alla trattazione della causa in ordine alle questioni ancora in contestazione. La conciliazione si “perfeziona” con la sottoscrizione di un accordo nel quale sono indicate le somme dovute, unitamente ai termini e modalità di pagamento. Una volta raggiunto l’accordo, questo ha efficacia novativa rispetto al precedente rapporto, e può essere eseguito anche mediante versamenti in forma rateale, secondo le modalità stabilite per l’accertamento con adesione (art. 8, Dlgs. 218/1997). Il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente legittima l’ufficio al recupero dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, e all’applicazione della sanzione, maggiorata, prevista dall’articolo 13 del Dlgs. 471/1997.

Conciliazione agevolata: presupposti e ambito di applicazione

Nella sua formulazione originaria la conciliazione agevolata era applicabile, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui ai commi da 186 a 205 della legge di bilancio 2023, alle liti pendenti al 1° gennaio 2023 innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate. Successivamente, con l’articolo 17, comma 2 del D.L. n. 34/2023, il regime agevolativo è stato esteso alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023 innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado. Di conseguenza, alle liti instaurate con ricorsi notificati tra il 2 gennaio 2023 e il 15 febbraio 2023, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate, è applicabile unicamente la conciliazione agevolata e non anche la definizione automatica di cui ai citati commi da 186 a 205.

Con riferimento alla pendenza della lite, per l’Agenzia delle Entrate, è “sufficiente” che, al 15 febbraio 2023, sia stata effettuata la notifica del ricorso alla controparte, non essendo necessario anche il deposito dello stesso. Per la definizione della lite mediante conciliazione agevolata, inoltre, non è richiesto che al 15 febbraio 2023 ricorra l’ulteriore presupposto della costituzione in giudizio, che dovrà comunque essere effettuata nei termini di legge.

Per le controversie aventi ad oggetto atti impositivi che al 15 febbraio 2023 risultano in fase di reclamo/mediazione (ossia le controversie di valore non superiore a 50.000 euro), decorsi i 90 giorni previsti dal comma 2 dell’art. 17-bis, D.lgs. n. 546/1992, al ricorrente costituitosi in giudizio, non è preclusa la possibilità di effettuare una proposta di conciliazione agevolata. In merito alla possibilità di “sottoscrivere” la conciliazione agevolata non rileva, invece, la circostanza che la proposta conciliativa sia stata presentata prima del 01.01.2023, sempreché l’accordo venga formalizzato successivamente e, comunque, entro il 30 settembre 2023 (termine è prorogato rispetto all’originario 30 giugno 2023, per effetto del D.L. n. 34/2023).

Riguardo l’ambito di applicazione della definizione agevolata si rammenta che l’istituto è circoscritto agli “atti impositivi” in cui è parte l’Agenzia delle entrate. In particolare, così come in passato, il riferimento è: agli avvisi di accertamento, agli atti di recupero dei crediti d’imposta non spettanti e ad ogni altro atto di imposizione che rechi una pretesa tributaria qualificata. Devono, pertanto, considerarsi escluse dalla conciliazione agevolata sia le liti vertenti sui dinieghi espressi o taciti di rimborso, sia quelle liti aventi ad oggetto atti che non recano una pretesa tributaria qualificata o che risultano essere atti di mera riscossione.

Come precisato con la circolare n. 6/E/2019, ai fini della definizione, rileva la natura “sostanziale” dell’atto impugnato, che prescinde dal “nomen iuris” utilizzato nella specie. In tal senso,  si è espressa la Corte di Cassazione con riferimento all’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, volto a far valere “per la prima volta nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione” (Cassazione, sentenza del 6 ottobre 2010, n. 20731).

Con particolare riferimento ai giudizi aventi ad oggetto la cartella con cui viene comunicato l’esito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (artt. 36-bis DPR 600/73 e 54-bis del DPR 633/72), in base alla prassi e a un consolidato orientamento della Cassazione, tali atti sono qualificati come di “mera riscossione” quando ricognitivi di quanto indicato dal contribuente nella dichiarazione. Con il documento di prassi, quindi, l’Agenzia delle Entrate si adegua alle indicazioni della Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 18298 del 25 giugno 2021) che ha adottato un’interpretazione estesa del concetto di “atto impositivo”.

In particolare, per la Suprema Corte l’impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia definibile in forma agevolata quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile non solo per vizi propri ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. Il principio affermato dalle Sezioni unite è stato confermato dalle successive pronunce della Suprema Corte (da ultimo, sentenza 16 febbraio 2023, n. 4997 e 8 febbraio 2023, n. 3805). Quale conseguenza dell’adesione alla tesi della Cassazione, si spera che vengano abbandonati i contenziosi su cui si controverte in merito alla definibilità di questi atti.

Oggetto e perfezionamento della conciliazione agevolata

Alla conciliazione agevolata (comma 211 dell’articolo 1 della L. 197/2022) si applica, in quanto compatibile, la norma riguardante la conciliazione “fuori udienza”. Tale richiamo consente di valorizzare le esperienze maturate e le indicazioni di prassi relative alla disciplina ordinaria della conciliazione. Gli uffici, in particolare, sono chiamati a valutare con attenzione la sussistenza dei presupposti per addivenire alla conciliazione in base alla situazione di fatto e di diritto propria di ciascuna fattispecie, tenendo conto del grado di sostenibilità della pretesa e degli effetti ulteriori che la definizione conciliativa è idonea a produrre. Ciascuna delle parti, quindi, può depositare innanzi alle corti di giustizia tributaria, non oltre l’ultima udienza di trattazione, una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito al fine di ottenere la declaratoria di estinzione del giudizio, totale o parziale, per cessazione della materia del contendere. E’, inoltre, ammessa la possibilità di sottoscrivere conciliazioni agevolate sulla base di proposte presentate prima del 01.01.2023. Con riferimento, invece, alle controversie non ancora interessate da un procedimento conciliativo, è opportuno che la proposta sia formulata in tempo utile per consentire l’espletamento dell’istruttoria e addivenire alla conclusione dell’eventuale accordo entro il termine fissato dalla legge. Come chiarito con circolare 2/E/2023, è ammessa la conciliazione parziale della controversia allorché l’accordo interessi una parte dell’atto impositivo impugnato.

Nel caso venga effettuata la sottoscrizione di un accordo di conciliazione “parziale”, per l’Agenzia è preclusa la possibilità di una successiva adesione alla definizione automatica in relazione alla parte di pretesa tributaria rimasta in contestazione. Ciò in ragione della formulazione testuale del comma 206 della legge di bilancio 2023, che prevede la possibilità di definire le liti mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo agevolato in “alternativa” alla definizione delle liti di cui ai commi da 186 a 205. Tale alternatività opera solo per ciascun atto impositivo impugnato, pertanto, in ipotesi di ricorso avente ad oggetto più atti è consentito definire in conciliazione uno o più atti impositivi della causa e mediante la definizione degli altri atti.

ATTENZIONE: La conciliazione agevolata si “perfeziona” con la sottoscrizione dell’accordo e l’abbattimento delle sanzioni a1/18 del minimo edittale. Tuttavia, in presenza di una conciliazione che riguarda atti di contestazione di sole sanzioni, per l’Agenzia delle Entrate la definizione agevolata non è applicabile in quanto, in tali fattispecie, il beneficio della riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo rappresenterebbe un abbattimento automatico della sanzione, contrario alla ratio legis.

Pertanto, in caso di atti di contestazione di sole sanzioni è possibile la sola conciliazione “ordinaria”. Per quanto riguarda la regolazione delle spese di giudizio il richiamo è all’articolo 15, comma 2-octies, del D.lgs. 546/1992 secondo cui «Se è intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione».

Modalità di pagamento e decadenza

Anche per la conciliazione agevolata è previsto l’obbligo di versare le somme dovute:

  • per intero o limitatamente alla prima rata, entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo;
  • le rate successive alla prima entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata.

Il pagamento rateale, in particolare, può essere effettuato in un numero di rate più esteso, atteso che è consentita la dilazione in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. È espressamente esclusa la compensazione di cui all’articolo 17 del D.lgs. n. 241/1997 nell’ambito del modello F24. Si ricorda che dagli importi dovuti a titolo di conciliazione vanno computate in diminuzione le eventuali somme versate dal contribuente a titolo di iscrizione “provvisoria”. In particolare, qualora le somme già versate in pendenza del giudizio siano di ammontare “superiore” a quanto dovuto per la conciliazione agevolata, in assenza di una espressa preclusione normativa, è possibile il rimborso della differenza (diversamente da quanto avviene nel caso della definizione automatica delle controversie tributarie di cui commi da 186 a 205 nonché nel caso della rinuncia agevolata dei giudizi pendenti in Cassazione; in tali eventualità è previsto espressamente che non si dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa).

NOTA BENE: In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il contribuente decade dal beneficio della riduzione delle sanzioni e l’ufficio competente provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del DLgs. n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta. Più specificamente, l’intervenuto accordo conciliativo ha efficacia novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente conduce alla iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall’accordo stesso e all’applicazione del conseguente regime sanzionatorio per l’omesso versamento.

La decadenza dal beneficio della riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo comporta, altresì, nella fase di recupero delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, l’applicazione delle sanzioni nella misura “ordinariamente” prevista dal citato articolo 48-ter del D.lgs. n. 546/1992, ovvero il 40% del minimo edittale, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio, e il 50%  in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

 

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