Concorrenza sleale in caso di storno dei dipendenti con consapevolezza e intenzione

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I giudici della Prima sezione civile di Cassazione, con la sentenza n. 20228 del 4 settembre 2013, hanno confermato la statuizione con cui la Corte d'appello di Milano aveva condannato una società al risarcimento dei danni in favore di altra compagine sociale in conseguenza dell'accertamento del compimento di atti di concorrenza sleale ex articolo 2598 n. 3 del Codice civile mediante lo storno illegittimo di diversi dipendenti “con conseguente disgregazione della struttura aziendale e l'impossessamento delle liste della clientela”.

I giudici di legittimità, pur precisando che la concorrenza illecita non può mai derivare dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un'impresa ad un'altra concorrente, né dalla contrattazione che da un imprenditore intrattenga con il collaboratore del concorrente, attività in quanto tali legittime essendo espressione dei principi della libera circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica, hanno, comunque, evidenziato che lo storno dei dipendenti deve ritenersi vietato come atto di concorrenza sleale “allorché sia attuato non solo con la consapevolezza nell'agente dell'idoneità dell'atto di danneggiare l'altrui impresa, ma altresì con la precisa intenzione di conseguire tale risultato”.

E detta consapevolezza – precisa la Suprema corte – deve essere ritenuta sussistente ogni volta che, come nel caso in esame, in base agli accertamenti compiuti dal giudice di merito, lo storno dei dipendenti sia posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale, “se non supponendo nell'autore l'intento di danneggiare l'organizzazione e la struttura produttiva dell'imprenditore concorrente".
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