“Decreto Dignità”: il reato di somministrazione fraudolenta

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“Decreto Dignità”: il reato di somministrazione fraudolenta

Il reato di somministrazione fraudolenta

L’art. 38 bis del D.lgs. n. 81/15, come introdotto dalla L. n. 96 cit., recita “ferme restando le sanzioni di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”.

Sanzione amministrativa e sanzione penale

La prima considerazione è che la ricorrenza di tale reato non esclude l’applicazione delle sanzioni amministrative previste per l’ipotesi di somministrazione illecita di manodopera. La contestazione di tale illecito, da parte del personale ispettivo, postula, pertanto, l’applicazione di un duplice trattamento sanzionatorio, assoggettato a regime provvedimentale differente. Mentre la sanzione amministrativa deve essere irrogata con verbale contenente atto di illecito ex art. 14 della L. n. 689/81, la sanzione penale invece è mediata dall’adozione del provvedimento di prescrizione di cui all’art. 15 del D.lgs. n. 124/04. Infatti per tale reato è stata stabilita la pena dell’ammenda e quindi la prescrizione, secondo parte della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen. Sez. III Sent., 15/09/2015, n. 37228, Cass. pen. Sez. III, 24/06/2014, n. 5892; Cass. pen. Sez. III Sent., 06/06/2007, n. 3490), la prescrizione funge da condizione di procedibilità dell’azione penale.

Già sotto tale profilo si pongono alcune perplessità in ordine al rispetto del principio del “ne bis in idem” sostanziale così come interpretato dalla Corte EDU, nella causa Grande Stevens e altri contro Italia - ric. 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10 - depositata il 4.3.2014. Sinteticamente si può osservare che la Corte Europea ha censurato la condotta dello Stato Italiano per avere avviato un processo penale sui medesimi fatti in relazione ai quali erano stato applicate sanzioni amministrative divenute definitive.

La tipicità del fatto

Sul piano della tipicità, la fattispecie di cui all’art. 38 bis del D.lgs. n. 81 cit. concentra il disvalore sulla condotta elusiva posta in essere dal datore rispetto alle norme inderogabili di legge o di contratto collettivo che disciplinano il rapporto di lavoro del lavoratore. Con il termine elusione si evoca la condotta di colui che, nell’instaurazione e gestione del rapporto di lavoro, solo apparentemente rispetti i precetti di legge e di contratto ma che sostanzialmente invece arrechi una lesione al bene protetto. Quest’ultimo è dato dalla dignità, dalla professionalità e dalla sicurezza economica del lavoratore per la cui tutela le norme di legge e di contratto predispongono un apparato di misure atte garantire un equilibrato rapporto contrattuale tra le parti e segnatamente a contenere la posizione di superiorità della parte datoriale. A tale fine vengono in rilevo, esemplificativamente, ma non esaustivamente, gli istituti sull’orario di lavoro, sulle ferie, sulla tutela della maternità e genitorialità ovvero sulla conservazione del posto di lavoro, senza omettere il fondamentale valore della sufficienza e proporzionalità della retribuzione.

Generalmente lo strumento che viene utilizzato per eludere il sistema protettivo di cui sopra è il contratto di appalto. Senza scendere in dettaglio è sufficiente osservare che l’appalto in un’accezione fisiologica è un tipico strumento di esternalizzazione spesso utilizzato per una gestione più efficace ed efficiente delle risorse funzionali all’opera commissionata. La genuinità di tale schema tuttavia entra in crisi qualora quest’ultimo funga solo da mero espediente per ridurre la soglia delle tutele normative del lavoratore e decretare un ribassamento del costo del lavoro. Ciò si verifica nel caso in cui l’appaltatore abbia un’organizzazione e un rischio di impresa fittizi, giacché nei fatti il ruolo imprenditoriale e datoriale viene assunto dal committente.

In tale evenienza viene realizzato, in assenza dei presupposti normativi, l’archetipo del lavoro somministrato, il quale costituisce una fattispecie negoziale complessa, in cui vi è un soggetto (utilizzatore) che si avvale della prestazione dei dipendenti, mentre l’altra parte contrattuale (somministrante) si limita a fornire manodopera, senza tuttavia essere munita di apposita autorizzazione per la somministrazione di personale. Qualora lo pseudo appaltatore risulti in nuce carente di ogni professionalità, ovvero di organizzazione o financo risorse materiali, mentre abbia solo la disponibilità di risorse umane da inviare all’appaltante, il fenomeno sembra integrare, non tanto la fattispecie dell’appalto illecito, bensì quella di somministrazione fraudolenta e abusiva.

La colpevolezza

Il concetto di fraudolenza richiede, sul piano della colpevolezza, la sussistenza, nell’autore del fatto, del dolo specifico. Quest’ultimo postula che il fatto materiale venga commesso dall’agente con la finalità specifica di violare il precetto di legge, nel senso sopra chiarito. Al riguardo si ritiene che la stipula di un appalto non genuino, sia il più delle volte espressivo di un atteggiamento psicologico dell’agente che sottende una specifica rappresentazione o volizione del fatto elusivo. Ciò specie laddove l’appalto determini a carico dei lavoratori dello pseudo-appaltatore, e rispetto agli standard sanciti dal CCNL applicato dal committente, una contrazione significativa delle tutele ovvero dei trattamenti economici e degli imponibili previdenziali.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale

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