Dichiarazione infedele per indebita fruizione del regime Pex

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Dichiarazione infedele per indebita fruizione del regime Pex

L’indebita fruizione del regime fiscale della “participation exemption” – cosiddetta Pex - può assumere rilevanza penale e integrare il reato di dichiarazione infedele nel caso in cui con essa si dissimuli un’operazione con finalità elusiva.

Regime Pex con fini di elusione fiscale? Sì al sequestro

E’ quanto si apprende dalla lettura della sentenza di Cassazione n. 20001 del 20 maggio 2021, con cui è stato confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente disposto nei confronti del legale rappresentante di una Spa, in relazione ai reati di cui agli artt. 2 e 4 del D. Lgs. n. 74/2000.

L’indagato aveva fatto ricorso in sede di legittimità lamentando, tra le altre doglianze, una violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 4 del menzionato Decreto legislativo nonché all’art. 87 del Tuir.

Secondo la sua difesa, il Tribunale, nel ritenere integrato il fumus commissi delicti in relazione alle condotte di indebita fruizione del regime fiscale PEX, aveva erroneamente affermato la rilevanza penale delle stesse in quanto connotate da fraudolenza, mentre – a suo dire - la fattispecie di dichiarazione indebita prescindeva da tale carattere, relativo ai diversi reati di cui agli artt. 2 e 3 del Decreto.

Motivo, questo, giudicato infondato dalla Terza sezione penale della Suprema corte, secondo la quale i giudici di merito, con ampia motivazione, avevano correttamente escluso che la condotta contestata potesse configurare un mero errore di valutazione giuridico-tributario in ordine alla classificazione di plusvalenze fiscalmente indeducibili, ravvisando, per contro, la rilevanza penale del fatto in quanto dissimulante, in realtà, un’operazione volta all’elusione fiscale.

Il Tribunale, prendendo in considerazioni le comuni caratteristiche delle società partecipate - piccole aziende in forte crisi economica, senza dipendenti o con unico dipendente - aveva tratto la conseguente valutazione che l’operazione di classificazione operata dalla Spa avesse, quale unico risultato, quello di fruire del regime PEX per plusvalenze realizzate con le cessioni e permute delle quote di partecipazione alla holding.

L’accesso a tale beneficio, infatti, subordinato dall’art. 87 del Tuir alla sussistenza di specifici requisiti oggettivi e soggettivi, non avrebbe potuto, nella specie, essere realizzato per la mancanza della commercialità della società partecipata.

Del resto, anche l’esperienza qualificata dell’indagato nel settore dell’alta finanza rendeva non ipotizzabile che lo stesso avesse posto in essere operazioni produttive di plusvalenze da milioni di euro, senza una previa accurata indagine sulle caratteristiche e condizioni economiche delle società partecipate di cui intendeva cedere le quote, così da verificare il regime di tassazione applicabile all’ingente somma conseguita nell’interesse della società.

Sulla base di queste considerazioni, era stato ritenuto provato, ai limitati effetti cautelari, il fumus del contestato reato, escludendo che la condotta potesse rientrare nell’ambito dell’abuso del diritto o elusione fiscale penalmente irrilevante.

Il Collegio di legittimità, in definitiva, ha ritenuto corretta la valutazione del giudice della cautela, ricordando che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della Cassazione stessa non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell’indagato, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi.

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