Escluso il divieto di licenziamento nel periodo di prova per la lavoratrice incinta

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Il periodo di prova non superato dalla lavoratrice madre porta ad escludere il divieto di licenziamento. In altri termini si richiama il comma 3 dell’articolo 54 del Decreto legislativo n. 151/2001 noto come: “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.

Il riferimento normativo, indica i casi in cui il divieto di licenziamento non si applica, e tra quelli espressamente elencati vi è anche il caso di esito negativo della prova (fermo restante il divieto di discriminazione di cui all’articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni).

Dunque, come espressamente ribadito anche dalla giurisprudenza ordinaria, il non superamento del periodo di prova da parte di una lavoratrice incinta può essere causa di licenziamento senza essere definito discriminatorio rispetto alla sua condizione. La lavoratrice che ritiene di essere stata discriminata deve fornire elementi precisi e concordanti circa l’avvenuta discriminazione, rimettendo al datore di lavoro l’onere di provare che non c’è stata discriminazione. Per il datore, invece, l’unico onere aggiuntivo che deve essere rispettato nel caso di licenziamento al termine del periodo di prova di una lavoratrice incinta è la presenza di una valida motivazione e la spiegazione delle ragioni che hanno portato a prendere la suddetta decisione per evitare escludere con ragionevole certezza che il licenziamento sia stato determinato dallo stato di gravidanza.

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