Costi del licenziamento tra ticket, indennità e perdita agevolazioni

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Costi del licenziamento tra ticket, indennità e perdita agevolazioni

Nell’ambito della gestione dei rapporti di lavoro dipendente la fase conclusiva riserva non poche sorprese ai datori di lavoro che, nel valutare gli oneri del licenziamento, si trovano a fare i conti con ticket licenziamento, periodi di preavviso, liquidazione dei ratei ed esborso del trattamento di fine rapporto accantonato.

A ciò si aggiunga che le più recenti agevolazioni contributive volte a facilitare l’assunzione stabile di giovani sono legate, dal legislatore, a periodi minimi di durata del contratto, dovendo ulteriormente ponderare l’ulteriore costo derivante da un recupero degli sgravi fruiti.

Il tutto, sempreché non vi siano “scivoli” extra pre-concordati o fondati rischi di instaurazione di contenzioso con il lavoratore.

Cosa tenere a mente, allora, prima di procedere all’interruzione del rapporto di lavoro subordinato?

Preavviso di licenziamento

Ai sensi dell’art. 2118, Codice Civile, nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ciascuno dei contraenti può recedere dando opportuno preavviso nei termini e nei modi stabiliti dalla legge o dal contratto collettivo.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto a corrispondere all’altra parte un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

NOTA BENE: Laddove il recesso sia supportato da eventi o comportamenti tali da non consentire la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro, si configura la c.d. giusta causa, a mente del successivo art. 2119, Codice Civile. Tale ipotesi sfugge alla regola generale della concessione del preavviso a tutela della parte ricevente.

Ad oggi, la durata del periodo di preavviso è, sostanzialmente, demandata alla contrattazione collettiva che ne diversifica il periodo tenendo conto ,generalmente,vdi due aspetti fondamentali: l’anzianità di servizio ed il livello di inquadramento.

Diversi contratti, poi, hanno, ad esempio, elaborato alcune particolarità, tra cui si evidenzia la previsione:

  • di far decorrere il preavviso dal 1° o dal 16° giorno del mese;
  • di conteggiare non già i giorni di calendario quanto i giorni lavorativi.

Si evidenzia che vige, nel nostro ordinamento, il principio generale secondo cui il preavviso va effettivamente lavorato, talché eventuali eventi sospensivi del rapporto di lavoro o che consentano di non realizzare, di fatto, la prestazione lavorativa, sospendono il computo del preavviso posticipando la relativa data di cessazione del rapporto di lavoro.

L’obbligo di concedere il preavviso ovvero di corrispondere la relativa indennità sostitutiva si presenta in tutte le ipotesi di recesso sia da parte del lavoratore che del datore di lavoro, fatte salve le ipotesi in cui non vi sia la giusta causa.

Si evidenzia, però, che l’indennità sostitutiva del preavviso è sempre dovuta dal datore di lavoro nelle ipotesi di:

  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni della lavoratrice madre entro il primo anno di vita del figlio;
  • decesso del lavoratore.

Quando è dovuto il preavviso

Tipologia di recesso/contratto

Preavviso

Decesso del lavoratore

Dovuto. Si evidenzia che sono dovuti i contributi previdenziali ma che non giovano ad alimentare la posizione pensionistica del lavoratore

Dimissioni dal rapporto a tempo indeterminato

Dovuto

Dimissioni dal rapporto a tempo determinato

Fattispecie non prevista, salvo deroghe delle parti

Dimissioni per giusta causa

Dovuta l’indennità sostitutiva a causa di condotte non dipendenti dalla parte recedente

Dimissioni apprendista

Dovuto

Dimissioni durante il periodo di prova

Non dovuto

Licenziamento per mancato superamento del periodo di prova

Non dovuto

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Dovuto

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Dovuto

Licenziamento per giusta causa

Non dovuto

Licenziamento per superamento del periodo di comporto

Dovuto

Licenziamento per raggiungimento requisiti pensionistici

Dovuto

Risoluzione consensuale

Non dovuto

Risoluzione consensuale in corso di ammortizzatori sociali

Dovuto

Si noti che la prassi giurisprudenziale ha chiarito che il periodo di preavviso è ad esclusiva tutela della parte che accusa il recesso, sicché, a titolo esemplificativo, laddove il datore di lavoro rinunci al preavviso concesso dal lavoratore, non sorgerà in capo a quest’ultimo alcun diritto alla corresponsione dell’indennità sostitutiva.

ATTENZIONE: A mente dell’art. 2118, Codice Civile, il periodo di preavviso regola esclusivamente i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Dai rapporti di lavoro a tempo determinato, invece, non è consentito recedere sino alla scadenza prefissata dal contratto (salvo per le ipotesi di giusta causa) con possibile configurazione del risarcimento del danno subito a favore della parte che ha accusato il recesso ante tempus.

Ferma la durata prescritta dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro, l’art. 2121, Codice Civile, prevede che l’indennità di preavviso sia calcolata computando ogni compenso a carattere continuativo, con la sola esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese, secondo logiche, dunque, di onnicomprensività della base di calcolo utile alla determinazione del quantum da erogare.

Oltre alla retribuzione “normalmente” spettante al lavoratore, vanno computati anche i premi di produzione, le provvigioni, le partecipazioni agli utili e ogni altro compenso a carattere continuativo.

Quanto ai ratei delle mensilità aggiuntive, si evidenzia che l’orientamento giurisprudenziale di legittimità più recente esclude dalla base di calcolo dell’indennità di preavviso i ratei di mensilità aggiuntive, delle ferie e del TFR, in quanto in tale periodo è assente ogni tipo di servizio del lavoratore (Cassazione 19 gennaio 2023, n. 1581).

Conseguentemente al lavoratore spetterà, per effetto dell’efficacia obbligatoria del preavviso, la mera indennità sostitutiva del preavviso e non anche la relativa incidenza su altri istituti contrattuali.

Sul piano previdenziale e fiscale, l’eventuale indennità sostitutiva del preavviso erogata al lavoratore concorre alla determinazione dell’imponibile previdenziale e va sottoposta alla medesima imposizione fiscale del trattamento di fine rapporto (c.d. tassazione separata).

Tipologia contrattuale

Periodo di preavviso

Contributi previdenziali

Imposizione fiscale

Incidenza su TFR

Incidenza su mensilità aggiuntive/ratei

Tempo determinato

Non previsto

-

-

-

-

Tempo indeterminato

Lavorato

Si

Si, a imposizione ordinaria

Si

Si

Tempo indeterminato

Indennità sostitutiva

Si

Si, a tassazione separata

No

No

Liquidazione di ratei e TFR

Contestualmente alla cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro deve provvedere a liquidare integralmente i ratei di ferie, permessi ed ex festività, maturate e non godute, oltreché del trattamento di fine rapporto laddove questo non sia destinato a forme di previdenza complementare.

Tra i calcoli necessari per la corretta quantificazione delle indennità correlate alla cessazione del rapporto di lavoro, bisognerà dunque moltiplicare la retribuzione oraria o giornaliera per il numero di ore o di giorni residui di ferie, permessi o ex festività. Tutte voci, queste, che andranno assoggettate a contribuzione previdenziale e imposizione fiscale ordinaria.

Diversamente, come noto, il trattamento di fine rapporto accantonato in azienda sfugge al generale principio di imposizione contributiva ed andrà assoggettato ad imposizione fiscale separata, salvo per quanto attiene alla rivalutazione annualmente già soggetta ad imposta sostitutiva.

Ticket di licenziamento

Ai sensi dell’art. 2, commi da 31 a 35, legge 28 giugno 2012, n. 92, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che, indipendentemente dal requisito contributivo soggettivo, darebbero diritto all’indennità di disoccupazione NASpI, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere un contributo pari al 41% dell’indennità massima mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale e fino ad un massimo di trentasei mesi.

Pertanto, non ci si riferisce esclusivamente alle fattispecie di recesso datoriale, dovendosi considerare dovuto il contributo NASpI in tutte quelle ipotesi in cui il lavoratore potrebbe avere teoricamente diritto alla percezione dell’assegno di disoccupazione, ivi inclusi, a titolo esemplificativo i recessi intervenuti per volontà del lavoratore per le ipotesi di giusta causa, recesso del genitore lavoratore fino al primo anno di vita del bambino ovvero nelle ipotesi di risoluzione consensuale ex art. 7, legge 15 luglio 1966, n. 604.

Indipendentemente, quindi, dalla posizione contributiva pregressa del lavoratore – sia nel caso in cui lo stesso possa o meno aver maturato i requisiti minimi per l’accesso all’indennità di disoccupazione – il contributo NASpI è dovuto ogniqualvolta intervenga una cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di:

  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo (codice Uniemens “1A”);
  • licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (codice Uniemens “1D”);
  • dimissioni per giusta causa, ivi incluse le ipotesi di recesso del lavoratore a seguito di rifiuto alla disposizione di trasferimento ad altra sede distante oltre 50km dalla residenza o mediamente non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici ovvero nelle ipotesi di recesso entro tre mesi dal trasferimento d’azienda per mutate condizioni di lavoro (codice Uniemens “1S”);
  • dimissioni nel periodo tutelato di maternità ovvero dimissioni del lavoratore padre ai sensi dell’art. 55, D. lgs. n. 151/2001 (codice Uniemens “1S”);
  • interruzione del rapporto di lavoro a seguito di recesso del datore di lavoro ai sensi degli artt. 2118 e 2119, Codice Civile, per mancato superamento del periodo di prova o al termine del periodo di formazione dell’apprendista (rispettivamente codici Uniemens “1T” e 1V”);
  • risoluzione consensuale ai sensi dell’art. 7, comma 7, Legge 15 luglio 1966, n. 604, nell’ambito delle procedure di licenziamento individuale ante jobs act e per le aziende con i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, Legge 20 maggio 1970, n. 300 (codice Uniemens “1H”);
  • licenziamento con successiva accettazione dell’offerta nelle procedure di conciliazione di cui all’art. 6, Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (in tal senso, l’accettazione dell’offerta, a volte impropriamente ricondotta a risoluzione consensuale, non muta il titolo di cessazione del rapporto di lavoro che, peraltro, da’ origine alla procedura conciliativa citata);
  • risoluzione incentivata a seguito di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di deroga al divieto di licenziamento a seguito dell’emergenza Covid-19 (codice Uniemens “2A”);
  • cessazioni nell’ambito di risoluzioni con accesso al contratto di espansione.

Tipologia di recesso

Ticket di licenziamento

Licenziamento durante il periodo di prova

Si

Recesso al termine del periodo formativo (apprendisti)

Si

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Si

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Si

Licenziamento per giusta causa

Si

Licenziamento per superamento del periodo di comporto

Si

Licenziamento dei lavoratori domestici

No

Licenziamento in imprese edili per "chiusura cantiere" o "fine cantiere"

No

Licenziamento per cambio appalto, in attuazione di clausole sociali

No

Licenziamento di lavoratori della PA

No

Risoluzione consensuale

No

Risoluzione consensuale in sede protetta

No

Risoluzione consensuale a seguito di conciliazione obbligatoria in sede protetta, per aziende con più di quindici lavoratori (vecchi assunti)

Si

Risoluzione consensuale in sede protetta per trasferimento della sede del lavoratore ad oltre 50 km ovvero non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici

Si

Risoluzione consensuale a seguito di adesione all’accordo sindacale di incentivo all’esodo stipulato dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in deroga al divieto di licenziamento a seguito dell’emergenza da Covid-19

Si

Risoluzione del rapporto di lavoro per accesso al contratto di espansione con scivolo pensionistico

Si

Dimissioni volontarie

No

Dimissioni per giusta causa

Si

Dimissioni nel periodo protetto di maternità/paternità alternativo

Si

Dimissioni del lavoratore padre (congedo di paternità obbligatorio)

Si

Decesso del lavoratore

No

Il contributo di licenziamento è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere versato in unica soluzione, mediante esposizione sulla denuncia contributiva, entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

L’importo dovuto, fermo restando il limite massimo di 36 mesi, riparametrato in base agli effettivi mesi di lavoro, è annualmente fissato dall’Istituto previdenziale in considerazione del massimale mensile NASpI.

Per l’anno 2024, il contributo mensile è pari a  52,97 euro, mentre il contributo massimo per anzianità di servizio pari o superiori a 36 mesi sarà pari a 1.907,01 euro.

ATTENZIONE: Il contributo di licenziamento non deve essere riparametrato all’eventuale percentuale part-time del rapporto di lavoro. Si rammenta, altresì, che ai fini della determinazione dell’anzianità lavorativa deve considerarsi come mensilità intera quella prestazione che si sia protratta per almeno 15 giorni nella mensilità di competenza. Tale regola vale esclusivamente per il mese di inizio e/o di fine del rapporto di lavoro, sicché i mesi diversi da quest’ultimi vanno sempre considerati come mesi interi.

Sono esclusi dal computo dell’anzianità lavorativa ai fini della determinazione del contributo NASpI:

  • i periodi in cui il lavoratore abbia fruito del congedo di cui all’art. 42, comma 5, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (congedo straordinario);
  • eventuali periodi di aspettativa non retributiva espressamente previsti dalla legge o dal contratto collettivo.

Si rilevano, infine, le ulteriori particolari fattispecie utili alla corretta determinazione del periodo di anzianità da considerare per il calcolo del contributo dovuto:

  • nei casi in cui il rapporto di lavoro sia stato trasformato a tempo indeterminato con restituzione del contributo addizionale (art. 2, comma 30, L. n. 92/2012) devono essere considerati anche i periodi nei quali il lavoratore era titolare di un contratto a tempo determinato;
  • nelle ipotesi di operazioni societarie o di cessione di contratto ex art. 1406, c.c., con conseguente prosecuzione del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, devono essere considerati anche i periodi di lavoro prestati presso il cedente (Tipo cessazione matricola di provenienza “2T” – Tipo assunzione matricola del cessionario “2T”.

Recupero delle agevolazioni contributive

Le ultime agevolazioni volte a promuovere l’occupazione “stabile” sono state condizionate ad un divieto di recedere dal/dai rapporti di lavoro stipulati sia nel periodo antecedente all’assunzione agevolata che in un periodo successivo a detto evento.

Ci si riferisce, in particolare, alle previsioni dell’art. 1, commi 10 e ss., della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che ha innalzato al 100% dei contributi previdenziali l’esonero contributivo già previsto dalla legge di Bilancio 2018, art. 1, commi da 100 a 105 e 107 (sgravio c.d. GECO).

L’accesso all’esonero contributivo in argomento, inizialmente dedicato esclusivamente alle assunzioni di giovani, mai assunti a tempo indeterminato, per il biennio 2021-2022, era infatti subordinato alla condizione per cui i datori di lavoro non dovevano aver proceduto, nei 6 mesi precedenti l’assunzione agevolata, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.

NOTA BENE: La condizione legittimante per la fruizione dello sgravio in argomento, quindi, si sostanzia nel non aver effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o licenziamenti collettivi di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica del lavoratore da assumere ed addetti alla medesima unità produttiva.

Altresì, la medesima norma prevedeva che i datori di lavoro non avrebbero dovuto procedere, nei 9 mesi successivi all’assunzione, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica e nella medesima unità produttiva.

Previsioni, queste, che sono da ritenersi valide anche per il successivo sgravio previsto dall’art. 1, comma 297, legge 29 dicembre 2022, n. 197, per l’anno 2023, che ha, a differenza di quanto avvenuto nel biennio 2021-2022, ha innalzato la soglia massima di esonero fruibile a 8.000 euro.

ATTENZIONE: Come precisato dalla circolare INPS 22 giugno 2023, n. 57, non sono da considerarsi ostativi alla fruizione dell’esonero i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo effettuati per sopravvenuta inidoneità assoluta al lavoro e per superamento del periodo di comporto, in quanto trattasi di fattispecie sui generis, in cui assume rilevanza preponderante l’oggettiva impossibilità di reimpiegare il lavoratore cessato dal rapporto.

Sulle future assunzioni, si noti che gli artt. 22 e 24, decreto legge 7 maggio 2024, n. 60 (c.d. Decreto Coesione), rispettivamente per l’agevolazione all’assunzione di giovani under 35 e in area ZES, hanno previsto, come per il caso appena trattato che:

  • il datore di lavoro, nei 6 mesi precedenti l’assunzione agevolata, non deve aver proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nella medesima unità produttiva;
  • il datore di lavoro, nei 6 mesi successivi l’assunzione agevolata, non deve procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore per cui fruisce dell’esonero ovvero di un lavoratore impiegato con la medesima qualifica e nella medesima unità produttiva.

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