Irpef, casa e successioni: le amare sorprese

Il corpus della manovra fiscale - che in relazione alla Finanziaria consta, nella versione di venerdì scorso (l’ultima), di ben 217 articoli - sono Finanziaria, bilancio, Dl con le misure fiscali più urgenti e disegno di legge delega per il riordino dei tributi. La firma del Presidente della Repubblica sul Ddl trasmesso da Palazzo Chigi è di ieri pomeriggio, domenica primo ottobre.

Alcune cifre: entrate (quindi aggravi) per più di 13 miliardi, tra cui 3,9 di misure di “politica tributaria”, 8,3 di misure “per il miglioramento dell’efficienza delle amministrazioni pubbliche” (in prima linea la lotta all’evasione per 4,6 miliardi e la revisione degli studi di settore per 3,3, miliardi). L’eliminazione del sussidio fiscale di contribuzione per tutti i lavoratori e l’incremento della contribuzione per gli apprendisti artigiani frutteranno all’Erario l’entrata di 5,1 miliardi. Il dettaglio dei risparmi è così distribuito: 3 miliardi dallo Stato centrale, 4,3 dagli enti locali, 3 dalla sanità, 5 dalla previdenza ed ulteriori 5 dal fondo Tfr. Ammontano a circa 10 miliardi i "veri" tagli strutturali.

Punto qualificante della manovra varata da un lunghissimo Consiglio dei ministri di venerdì passato è rappresentato dalla revisione dell’Irpef, ovvero dall’innalzamento dello scaglione massimo da sottoporre ad aliquota marginale del 43% da 75 mila euro. Circa 4,13 miliardi utilizzati per l’incremento del reddito imponibile esente da imposta, attraverso la rimodulazione di aliquote e scaglioni: 3,8 miliardi ai dipendenti e ai parasubordinati, oltre 1,8 ai pensionati, 1,6 agli autonomi. Le deduzioni da lavoro e da pensione subiscono la conversione in detrazioni, con la “no tax area” che arriva a 7.500 euro (dai vecchi 7 mila) per i pensionati, e ad 8mila (sempre dai vecchi 7 mila)per i dipendenti. Cinque le aliquote Irpef – 23%, 27%, 38%, 41%, 43% - con l’effetto, spiega il vice di Padoa Schioppa, Visco, della riduzione delle imposte “per oltre il 90% dei contribuenti, che vivono con meno di 40mila euro l’anno lordi”.

Sul cuneo fiscale l’Esecutivo agisce deducendo gli oneri sociali ai lavoratori a tempo indeterminato dalla base imponibile Irap e deducendo 5mila euro l’anno per ciascun addetto per le imprese del Centro-Nord, 10mila per il Sud. Per le imprese agirà in due tranche, a febbraio e a luglio.

Il presidente del Consiglio dà al documento licenziato una lettura di legge finanziaria “di sinistra”, che altri definiscono “classista”. La indica come una finanziaria “per difendere i più deboli”, per restituire equilibrio “al paese più ingiusto d’Europa”. Giudizi pressoché identici a quelli espressi dal segretario della Cgil, segno di sintonia non casuale tra Palazzo Chigi e sindacati. Per tale motivo Prodi lancia al centro-destra il monito di fare attenzione prima di scendere in piazza, “perché potrebbe essere rischioso”. Mai come quest’anno, però, c’è un risvolto politico della Finanziaria, nel senso della frattura verificatasi nella maggioranza, divisa perché i gruppi moderati (Margherita, Udeur, Rosa nel pugno) mal sopportano l’aumentato onere tributario a carico del ceto medio e produttivo, nel quale confluiscono molti piccoli imprenditori. Finora, Romano Prodi è riuscito a mettere la sordina ai malesseri nella coalizione. Ha fatto scelte che piacciono alla sinistra di Bertinotti e ai verdi, ma tamponando il dissenso del moderati. Questa faticosa coesione reggerà alla prova del Parlamento? C’è da dubitarne.