Lato oscuro del web, l’illiceità è la regola?

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Lato oscuro del web,  l’illiceità è la regola?

Il word wide web, così come è comunemente conosciuto, è la “ragnatela mondiale” e costituisce il principale servizio internet permettendo al contempo di navigare, utilizzare contenuti multimediali, comunicare, usufruire dei collegamenti ipertestuali per muoversi attraverso i siti e molto altro ancora.

Eppure tutto questo sconfinato mondo, visibile e liberamente accessibile rappresenta solo una piccolissima porzione di quel che in realtà è presente in rete.

Un famosissimo studio, condotto nel 2000 dalla Bright Planet, stimò che nel web vi fossero oltre 550 miliardi di documenti, mentre Google, quale motore di ricerca più diffuso, né indicizzava solamente 2 miliardi, ossia meno dell'1% del totale. Infatti, è stato stimato che solamente il 4% di tutto ciò che è presente sul web sia liberamente accessibile.

Giocando su alcune terminologie, prelevate impropriamente da ambiti scientifici cosmologici, sembrerebbe che, così come un tempo si stimava che il 96% della materia dell’universo fosse materia oscura, una quasi equivalente percentuale di materiale presente sul web potesse esser definito in maniera analoga.

Ma allora cos’è questo 96% del web?

In realtà il web, ha una strutturazione molto complessa che può essere sommariamente diviso in tre differenti strati, dove il web noto a tutti, rappresenta solamente la c.d. punta dell’iceberg. Infatti si suole dividere il web in tre macro aree: il surface web (rete di superficie); deep web (rete di profondità); dark web (rete oscura).

La natura del surface web è chiaramente attinente a tutte quelle attività che usualmente sono utilizzate nel quotidiano navigando nel web.

Il deep web è rappresentato, sia da tutte quelle attività svolte su internet che non risultano indicizzate dai motori di ricerca, che da tutti quei siti con accesso limitato, pagine non collegate o pagine dinamiche. Laddove per aree ad accesso limitato si intende uno spazio unico a cui l’utente può accedere tramite l’identificazione con uno username e una password. In tali aree possono esservi servizi on-line quali le aree personali delle piattaforme di e-commerce od ancora aree di forum tematici.

Tuttavia la gran parte delle attività svolte in quest’area del web non è indirizzata a condotte criminali rilevanti e, laddove ciò avvenga, si tratta prevalentemente di attività di pericolosità sociale contenuta. Quali, ad esempio, la condivisione illegale di materiale soggetto al diritto d’autore (attraverso il peer-to-peer), reati contro l’onore, ideologie razziste ecc.

Il dark web, invece, rappresenta gli abissi del web in quanto, a differenza di quanto detto in precedenza, l’illiceità è la regola e non l’eccezione.

Il dark web, in effetti, è circondato dall’oscurità del mistero e la sua semplice concettualizzazione è praticamente assente nella visione ideologica di coloro che navigano normalmente nel web. D’altronde non potrebbe essere diversamente in quanto, l’internauta medio, non avrà mai modo di intrufolarsi, anche solo per curiosare, nelle profondità del dark web.

Infatti, per navigare nel dark web, è necessario l’utilizzo di strumenti idonei, soprattutto browser come TOR (The Onion Routing project) e I2P (Invisible Internet Project).

Le prerogative principali del dark web sono da individuarsi, da un lato nella navigazione in incognito, ovvero una serie di accorgimenti che permettono di muoversi nel web senza lasciare tracce (o quasi), dall’altro l’accessibilità a siti, contenuti ed attività legate alla criminalità ed alla illegalità.

Nel dark web, per le sue prerogative occulte, sono presente le più disparate attività legate alla criminalità (es. la vendita dalla droga, servizi di hacking e cracking, documenti e passaporti falsi, carte di credito clonate, immagini pedopornografiche, commercio di armi e farmaci proibiti fino a giungere ad attività terroristiche, tratta di esseri umani, sfruttamento di minori e la vendita di organi).

Il dark web è dotato, però, di alcune caratteristiche che non ci si aspetterebbe, quali motori di ricerca specifici (es. Ahmia.fi, Hidden wiki, Torch, Tordir, Grams ecc.) e veri e propri market di beni proibiti che, similmente alle piattaforme di e-commerce, come Amazon ed E-bay, prevedono, addirittura, recensioni e commenti sull’affidabilità del venditore. Così come, ha dimostrato l’Operation Onymous avvenuta fra il 5 ed il 6 novembre 2014 quando l’EUROPOL chiuse 413 siti web che operavano attraverso Tor nel dark web, compresi i mercati della droga, come Silk Road 2.0, Cloud 9, Hydra, BlueSky, Outlaw Market and Alpaca oltre a numerosi altri siti di riciclaggio di denaro.

Quanto ai mezzi di pagamento del dark web, ovviamente non si usa la normale moneta elettronica, in quanto tracciabile ma le monete virtuali quali i Bitcoin e, recentemente, la criptomoneta Dash (già nota come Darkcoin). In particolare con i Dash è presente sia un c.d. tunnel che opera sul server occultando le transazioni, che un algoritmo di criptazione di tipo SHA con chiave protetta da 256bit (basti pensare che un importante progetto open source che prevedeva un cospicui premio in denaro riuscì a decriptare una chiave a 56bit in ben 5 anni di duro lavoro congiunto).

Per contrastare la criminalità nel dark web, dal 1 settembre 2014, l’EUROPOL si è dotata di una unità speciale nota come Joint Cybercrime Action Taskforce (J-CAT). Proprio alla luce della già accennata Operation Onymous fecero scalpore, portando una forte destabilizzazione nel mondo dei criminali informatici, le dichiarazioni del capo del European Cybercrime Centre dell’EUROPOL Troels Oerting che, riguardo ai criminali che operavano nel dark web, dichiarò “non sono né invisibili né intoccabili. I criminali possono correre ma non nascondersi. Il nostro lavoro continua”. F. Peluso

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