Niente insulti tra vicini

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La Quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 3931 del 28 gennaio 2010, ha ribaltato la pronuncia con cui il Giudice di pace di Ancona aveva assolto dal reato di ingiuria un uomo che aveva rivolto nei confronti di un vicino delle espressioni come “fate schifo” e “vaff... a te e chi ti ci ha portato”. Secondo il giudice onorario, le frasi dell'imputato, trattandosi di espressioni di uso comune, non assumevano una valenza tale da offendere l'onore e il decoro della persona a cui erano rivolte.

Di diverso avviso i giudici di legittimità, i quali, dopo aver sì ribadito che, in determinati contesti, l'utilizzo di parole o frasi osceni ormai diventati di uso comune perdono la loro portata offensiva specialmente se proferite in un discorso tra soggetti in posizione di parità, hanno tuttavia, precisato come “il significato delle stesse parole o frasi è condizionato nel contesto nel quale sono pronunciate e, nella specie, il contesto esclude che le parole proferite dall'imputato abbiano perso il carattere spregiativo”. Infatti – si legge nella sentenza - le frasi utilizzate dall'imputato, proprio perchè coinvolgono la vita di relazione quotidiana tra vicini di casa, non perdono la loro valenza spregiativa; “i rapporti di vicinato” – conclude la Corte - “devono essere improntati ad un maggiore rispetto reciproco tra le persone perché altrimenti inducono ad una impossibilità di convivenza che invece è necessitata dalla quotidiana relazione nascente dal fatto abitativo e che deve essere garantita”.
Allegati Anche in
  • Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 39 – I “vaffa” non sono tutti uguali - Galimberti
  • ItaliaOggi, p. 22 – E' reato mandare i vicini a quel paese - Galli

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