Patti di famiglia, rivista l'imposta di donazione
Pubblicato il 17 febbraio 2025
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Con la risoluzione n. 12, diffusa il 14 febbraio 2025, l'Agenzia delle Entrate ha adottato le recenti interpretazioni della Cassazione relative all'imposizione fiscale delle attribuzioni compensative effettuate tramite il patto di famiglia, ossia le attribuzioni disposte a scopo compensativo dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario.
Patto di famiglia, cosa è
In parole povere è una tipologia di contratto che favorisce il passaggio generazionale all’interno dell’impresa.
Secondo quanto disposto dall'articolo 768-bis del codice civile, il patto di famiglia si configura come un accordo mediante il quale, in linea con le normative sulle imprese familiari e rispettando le varie forme societarie, l'imprenditore cede, totalmente o parzialmente, l'azienda e il possessore di partecipazioni societarie cede, integralmente o parzialmente, le sue quote a uno o più eredi.
Per salvaguardare il diritto alla quota legittima dei legittimari che non ricevono assegnazioni, l'articolo 768-quater stabilisce che al contratto devono aderire anche il coniuge e tutti coloro che avrebbero diritto alla legittima nel caso si aprisse la successione del patrimonio dell'imprenditore in quel momento.
Gli assegnatari dell'azienda o delle quote societarie sono tenuti a compensare gli altri contraenti, a meno che questi non rinuncino completamente o parzialmente, con un pagamento equivalente al valore delle quote determinate dagli articoli 536 e successivi del codice civile. È possibile che le parti concordino che la compensazione avvenga totalmente o parzialmente tramite beni naturali.
I beni attribuiti agli altri contraenti non assegnatari tramite lo stesso contratto, valutati secondo il prezzo stabilito nel contratto, sono conteggiati nelle quote di legittima che spettano loro; tali assegnazioni possono essere stabilite anche mediante un contratto successivo che sia dichiaratamente collegato al primo, purché vi partecipino gli stessi soggetti del contratto originale o i loro sostituti.
Ciò che i contraenti ricevono non è soggetto a collazione o a diminuzione.
Vediamo cosa innova la risoluzione n. 12 del 14 febbraio 2025.
Patto di famiglia e fisco
Conforme alle disposizioni recentemente aggiornate del Testo unico sulle successioni (Tus), come modificate dal decreto legislativo n. 139 del 2024, nei patti di famiglia, il trasferimento di imprese o loro divisioni, nonché di partecipazioni societarie e azioni, non è assoggettato all'imposta di successione e donazione, a condizione che gli eredi o beneficiari forniscano, al momento di presentare la dichiarazione di successione, il contratto di donazione o il patto di famiglia, una dichiarazione impegnativa a proseguire l'attività o mantenere il controllo o la proprietà dei diritti per un periodo minimo di cinque anni.
Non adempiere a quanto specificato comporta la perdita del vantaggio fiscale, il pagamento dell'imposta secondo l'aliquota standard, la sanzione amministrativa stabilita dall'articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471, e gli interessi di mora accumulati dalla data in cui l'imposta avrebbe dovuto essere versata originariamente.
I precedenti di prassi e giurisprudenza
Con circolari n. 3 del 2008 e n. 18 del 2013 è stato precisato che l'agevolazione fiscale si applica unicamente al trasferimento realizzato attraverso il patto di famiglia, e non si estende alle eventuali assegnazioni di denaro o beni effettuate dall'assegnatario dell'azienda o delle quote societarie a favore degli altri contraenti.
Con riferimento alla giurisprudenza, in una prima interpretazione, stabilita dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza del 19 dicembre 2018, n. 32823, è stato stabilito che il patto di famiglia, come descritto agli articoli 768 bis e seguenti del codice civile, è soggetto all'imposta sulle donazioni.
Questo include tanto il trasferimento di azienda o partecipazioni dal disponente al discendente, salvo le condizioni di esenzione previste dall'art. 3, comma 4 ter del D.Lgs. n. 346 del 1990, quanto il pagamento di una somma compensativa per la quota di legittima da parte dell'assegnatario dell'azienda o delle partecipazioni ai legittimari non assegnatari. Tale pagamento compensativo è tassato in base all'aliquota e alla franchigia che si riferiscono non al rapporto tra disponente e assegnatario, né tra disponente e legittimario, ma tra assegnatario e legittimario.
Successivamente, con la sentenza del 24 dicembre 2020, n. 29506, il Giudice di legittimità ha riconsiderato il proprio punto di vista, precisando che l'obbligo di liquidare non deriva da un accordo tra le parti ma è un requisito legale, essenziale e non accessorio, imposto dalla normativa.
La Cassazione ha quindi stabilito che la liquidazione dei conguagli, ai sensi dell'art. 768 quater del codice civile, effettuata dall'assegnatario a favore dei legittimari non assegnatari, deve essere assoggettata all'imposta sulle donazioni. Divergendo dal precedente orientamento, ha affermato che tale liquidazione, anche se realizzata dall'assegnatario, dovrebbe essere vista, per scopi fiscali, come un atto di liberalità dell'imprenditore verso i legittimari non assegnatari.
In pratica, la liquidazione del conguaglio ai fini impositivi è una donazione del disponente in favore del legittimario non assegnatario, “con conseguente attribuzione dell’aliquota e della franchigia previste con riferimento al corrispondente rapporto di parentela o di coniugio”.
Si precisa, inoltre, che l’esenzione prevista dalla disciplina si applica solo al trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario, non anche alle liquidazioni operate da quest’ultimo in favore degli altri legittimari.
Quanto sostenuto ha trovato conferma nelle successive ordinanze della Corte suprema del 17 giugno 2022, n. 19561, e del 16 luglio 2024, n. 19627.
Applicazione dell’imposta di donazione alle attribuzioni compensative
Dunque, alla luce dell'orientamento giuridico esposto, è necessario specificare ulteriormente i chiarimenti forniti dalle circolari n. 3/E del 2008 e n. 18/E del 2013, riguardo all'applicazione dell'imposta di donazione sulle "attribuzioni compensative" effettuate dall'assegnatario dell'azienda o delle partecipazioni societarie a vantaggio del legittimario non assegnatario.
L'aliquota e la franchigia per queste imposte vanno calcolate considerando la relazione di parentela o di coniugio tra il disponente e il legittimario non assegnatario.
Gli Uffici sono invitati a riesaminare i procedimenti pendenti interessati dalla questione di cui si tratta, alla luce dei chiarimenti e delle indicazioni che precedono.
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