Responsabile il notaio che non avverte del vincolo

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Responsabile il notaio che non avverte del vincolo

Due pronunce della Terza sezione civile di Cassazione depositate il 24 ottobre 2017 hanno riguardato altrettante vicende di notai convenuti per rispondere di responsabilità professionale.

Mancato avvertimento di vincolo archeologico

Nel primo caso, oggetto della sentenza n. 25113/2017, è stato accolto il ricorso promosso dalla curatela del fallimento di una società contro la statuizione di secondo grado con cui era stata esclusa la colpa professionale di un notaio che, nell’ambito della stipula di un contratto di permuta di alcuni terreni, non aveva avvertito l'acquirente dell'esistenza di un vincolo archeologico.

In ragione di questo vincolo, il Comune aveva revocato, in autotutela, la concessione edilizia precedentemente rilasciata, ordinando, successivamente, anche la demolizione delle opere realizzate e determinando, di fatto, l'insolvenza e quindi il fallimento della società.

Le censure formulate in sede di legittimità dal ricorrente sono state accolte dalla Suprema corte la quale, in proposito, ha formulato alcuni i principi di diritto.

Nello specifico è stato sancito che in materia di responsabilità professionale del notai, l'omessa indicazione dell'esistenza di un vincolo - nella specie, di natura archeologica - su un bene immobile oggetto di compravendita o permuta “determina, secondo i criteri della preponderanza dell'evidenza (o del "più probabile che no") e della regolarità causale, l'addebito al professionista dell'evento dannoso consistito nella successiva adozione, da parte del Comune, della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell'ordine di demolizione delle opere nel frattempo realizzate, nonché nell'acquisizione dell'area al patrimonio demaniale".

In questo contesto – continua la Corte - se la demolizione in via amministrativa dell'opera edilizia realizzata dipenda anche dalla mancanza di talune autorizzazioni amministrative e da difformità urbanistiche, questi ultimi fattori, pur imputabili al danneggiato, non valgono ad interrompere la serie causale. Difatti quest'ultimo, se avesse conosciuto dell'esistenza del vincolo, non avrebbe, secondo un criterio logico-probabilistico, acquistato il terreno e non avrebbe intrapreso alcuna attività edilizia (criterio della preponderanza dell'evidenza).

Ad ogni modo, poiché si tratta di fattori umani, “degli stessi è possibile tenere conto nella liquidazione del danno, ponendo a raffronto l'efficienza causale della condotta (colpevole) del notaio e quella (altresì colpevole) dell'acquirente, che ha costruito in mancanza di alcune delle autorizzazioni necessarie e in difformità rispetto al progetto approvato”.

Niente responsabilità se i vincoli sono conosciuti dalle parti

Con la seconda decisione, la n. 25111/2017, la Cassazione ha, invece, confermato la statuizione di merito con cui era stata esclusa la responsabilità professionale di un notaio per aver rogato, anche in questo caso, un atto di permuta, sottacendo l'esistenza di vincoli pertinenziali a favore del Comune di riferimento, che rendevano, di fatto, i posti auto oggetto del trasferimento non commerciabili.

Nel caso in esame, tuttavia, l'atto di imposizione dei vincoli era stato sottoscritto dal legale rappresentante della Srl venditrice, in forza di mandato conferitogli dalla controparte nell'ambito degli accordi intercorsi fra le due società.

Pertanto, i vincoli in questione erano stati apposti sulla base di un'istanza riferibile, per il tramite del mandatario, alla stessa società che aveva convenuto in giudizio il notaio dolendosi dell’esistenza dei citati vincoli e questa circostanza, di per sé, escludeva la responsabilità professionale del notaio rogante.

Gli Ermellini hanno quindi formulato il principio di diritto secondo cui non si ha responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, qualora sia provato che “la parte che avrebbe avuto interesse a tale informazione già conosceva certamente dell'esistenza di quei vincoli, per averli essa stessa costituiti”.

In queste circostanze –  conclude la Corte - “non sussiste né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall'art. 1176 cod. civ., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale della buona fede, né nesso di causalità fra l'omessa informazione e la stipulazione del contratto asseritamente causativo di danno per l'acquirente".

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