Separazione. Assegno alla ex moglie, anche se può mantenersi da sola

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Separazione. Assegno alla ex moglie, anche se può mantenersi da sola

La moglie che lavora e che è in grado di mantenersi da sola, ha comunque diritto all’assegno di mantenimento dal marito; i canoni stringenti previsti in sede di divorzio, non valgono, difatti, per quanto riguarda la separazione tra coniugi.

Sulla scorta di ciò, la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ha riconosciuto l’assegno di mantenimento ad una donna, dapprima negatole dai Giudici territoriali, i quali avevano appurato che la stessa potesse autonomamente mantenersi con i proventi della propria attività professionale.

Separazione: resta il dovere di assistenza materiale e solidarietà post – coniugale

Argomentazione tuttavia ribaltata dagli Ermellini, i quali rammentano come la separazione personale, a differenza della cessazione o dello scioglimento degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale. Sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale (convivenza, fedeltà, collaborazione), che hanno una consistenza ben diversa dal dovere di solidarietà post – coniugale alla base dell’assegno.

Quantificazione assegno: va considerato il godimento della casa familiare

Nella quantificazione dell’assegno, la cui spettanza è nella specie dunque appurata, deve tuttavia pesare il godimento della casa familiare. In particolare – questo il principio enunciato dalla Corte con ordinanza n. 28327 del 28 novembre 2017 – in tema di separazione personale, il godimento della casa coniugale costituisce un valore economico corrispondente, di regola, al canone ricavabile dalla locazione dell’immobile, di cui il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge o per il mantenimento dei figli.

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