Aggravante dell'odio razziale e attenuante della provocazione, possono convivere

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Aggravante dell'odio razziale e attenuante della provocazione, possono convivere

E’ stata confermata dai giudici di Cassazione una sentenza di patteggiamento pronunciata in capo ad un soggetto accusato del reato di omicidio preterintenzionale aggravato da finalità di odio razziale, al quale era stata anche riconosciuta la concessione dell'attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche.

Contro questa decisione, l'imputato aveva avanzato ricorso, denunciando la mancata concessione della scriminante della legittima difesa e la mancata esclusione dell'aggravante dell'odio razziale, a suo dire incompatibile con la concessa attenuante della provocazione.

Motivi ritenuti entrambi inammissibili dalla Suprema corte, secondo la quale l’organo giudicante nel merito aveva dato ben conto del controllo effettuato circa la sussistenza dei fatti e la loro qualificazione giuridica e, quindi, dell'impossibilità di addivenire ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'articolo 129 Codice di procedura penale.

Compatibilità aggravanti e attenuanti

Con particolare riferimento al secondo dei motivi di ricorso, gli Ermellini hanno evidenziato come era l’imputato ad aver formulato richiesta di patteggiamento sulla base della coesistenza dell'aggravante speciale di cui all'articolo 3 della legge 205/93 con l'attenuante comune di cui all'articolo 62 n. 2 del Codice penale, e non poteva dolersi, ora, di una loro pretesa incompatibilità.

Egli, infatti, con la richiesta di patteggiamento, oltre a rinunciare ad eventuali nullità non riguardanti la formazione del consenso, aveva manifestato la volontà di dare esecuzione all'accordo con la Parte Pubblica in tema di quantificazione della pena “come risultante, altresì, dal concordato gioco di bilanciamento tra le circostanze dell'ascritto reato”.

Inoltre – si legge nel testo della sentenza n. 2630 del 22 gennaio 2018 - “la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, razziale o religioso è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulti intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente”.

Ne conseguiva l’inapplicabilità della pacifica giurisprudenza di legittimità, richiamata dal ricorrente, in tema d'incompatibilità tra l'attenuante della provocazione e l'aggravante dei futili motivi.

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