Cassazione penale: confisca dei beni a tutto campo

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La Corte di cassazione, seconda sezione penale, con sentenza n. 32273 del 234 agosto 2010 ha stabilito un principio di diritto, in tema di confisca dei beni provenienti da attività criminose, secondo cui anche in caso di estinzione del reato il giudice può disporre l'accertamento, ai fini dell'applicazione della confisca, sulle cose oggettivamente criminose per loro estrinseca natura (art. 240, comma 2, n. 2, c.p.) nonchè su quelle considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico reato (art. 240, comma 2, n. 1, c.p.).

Tale pronuncia si pone in evidente contrasto con quella enunciata dalla Cassazione a sezioni unite nel 2008, n. 18834, che invece riteneva impossibile disporre la confisca delle cose costituenti il prezzo del reato, prevista obbligatoriamente dall'articolo 240 c.p., comma 2, n. 1, nel caso di estinzione del reato.

Il nuovo indirizzo fissato dalla seconda sezione penale parte dalla considerazione che deve essere comunque assicurata la sottrazione dei beni che costituiscono proventi di reati indipendentemente dalla effettiva condanna del reo. E' pero necessario che il giudice, prima di disporre la confisca, accerti la effettiva responsabilità penale dell'imputato.

Si aggiunge che la misura di sicurezza della confisca persegue il duplice fine di colpire il soggetto che ha acquisito i beni in modo illecito e di eliminare dal contesto commerciale valori patrimoniali che sono originati da attività criminose. Pertanto permanendo il rapporto di derivazione dei beni con il reato contestato, anche in presenza di prescrizione del reato, è possibile disporre la confisca ex art. 240, comma 2, n. 1, c.p., ostacolando così la loro reimmissione nel circuito economico.
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