Collaborazioni “libere”: cade la griglia ai progetti

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Con la recente nota del 3 dicembre scorso, protocollo n. 25/I/17286, il ministero del Lavoro pone l’accento sui contratti di collaborazione e in particolar modo sulla idoneità e genuinità degli stessi. In altri termini, si è voluto offrire lo spunto per valutare correttamente l’uso dei contratti a progetto, al fine di impedirne un loro utilizzo improprio. Pertanto, sono state rese indicazioni ufficiali sul lavoro a progetto, che segue una fase di esemplificazioni restrittive e suggerimenti operativi nel senso della limitazione dell’utilizzo del contratto per determinate tipologie di attività (badanti, parrucchieri, piloti) e settori predefiniti (autotrasporto, pulizie, autoscuole). Il tutto per evitare casi, che a detta del Lavoro, celano vere e proprie subordinazioni. Secondo l’indicazione ufficiale, più che il settore in cui si svolgerà l’attività conta la qualità e la corretta previsione dello specifico progetto o programma di lavoro dedotto nel contratto, che appunto deve risultare orientato a uno scopo chiaro e predefinito. Analogamente, non vi deve essere il vincolo al rispetto di un orario di lavoro o a giustificare la non presenza nel luogo di svolgimento della prestazione. Per quanto riguarda gli emolumenti, il Ministero – esclusa la possibilità di ragionare in termini di retribuzione periodica – prevede la possibilità di un compenso a provvigione sui risultati conseguiti, “eventualmente variabile in maggiorazione al raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato”.
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