Concordato Preventivo con riserva e patto di compensazione nei contratti bancari

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Concordato Preventivo con riserva e patto di compensazione nei contratti bancari

E’ ormai orientamento  prevalente fra i giudici di merito quello secondo il quale i contratti bancari aventi ad oggetto la concessione al correntista di una linea di credito, in quanto contratti bilateralmente in corso di esecuzione (art. 169bis l. Fall.) e pendenti (art. 72 l. fall.), possono essere sospesi  dal Tribunale se tale richiesta venga avanzata dal debitore che abbia depositato ricorso per concordato preventivo ex art. 161, sesto comma L. Fall. (cd. <<concordato con prenotazione o bianco>>).

Sul punto, ex multis, va segnalata la pronuncia del Tribunale di Venezia  del 20 Gennaio 2015, n. 35 che così recita:

<< Anche in pendenza di ricorso ai sensi dell’art. 161, comma 6, l.fall., può essere autorizzata la sospensione dei contratti bancari in corso, per la bilaterale inesecuzione delle prestazioni tanto del correntista affidato, quanto della banca: siccome obbligatasi, con i contratti stipulati di concessione di linee di credito, ad assicurare la disponibilità della provvista pattuita, senza limitarsi, una volta erogati i fondi alla mera cura dell’incasso dei crediti oggetto di anticipazione; essendo pure tenuta ad un obbligo di diligenza e buona fede nella gestione dei rapporti con il cliente, di corretta erogazione dei fondi ed applicazione degli interessi passivi e delle commissioni, alla stregua di obbligazioni principali e non accessorie>>.

Si pone, tuttavia, qualche interrogativo nell’ipotesi in cui la sospensione del contratto bancario di anticipazione, o di apertura di credito, non venga richiesta o non venga concessa dal Tribunale.

 La conservazione, salva la sopravvenienza di inadempimenti comportanti le conseguenze di diritto comune, delle linee di credito nella loro convenzionale modulazione strutturale, quasi sempre assistite da “cessioni di portafoglio” c.d. “autoliquidanti”, pone l’ulteriore questione della possibilità per la banca, mandataria in rem propriam all’incasso dei crediti della de- bitrice finanziata anticipataria, di compensare i propri crediti anteriori alla data di presentazione della domanda di concordato con tali crediti incassati dopo.

Da sempre l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità opera una distinzione.

Da un lato vi è il caso del conferimento alla banca di un semplice mandato all’incasso in rem propriam, per il quale la pendenza del rapporto obblighi la banca mandataria a darvi esecuzione con la riscossione dei crediti affidati, salvo rimetterne le relative somme al mandante in procedura senza poter operare la compensazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 169 e 56 l.fall., per soggezione al principio della concorsualità, che vieta una diretta soddisfazione e anche in applicazione del principio posto dall’art. 168 l.fall. .

Dall’altro lato vi è la diversa ipotesi in cui il rapporto  sia invece assistito da una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca (c.d. “patto di compensazione”), legittimante la banca a compensare il debito di restituzione al cliente delle somme riscosse, con il proprio credito verso lo stesso, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, indipendentemente dall’anteriorità di questo alla procedura concorsuale e dalla posteriorità di quello (in tale ipotesi non operando il principio di concorsualità).

 E la ragione della distinzione risiede proprio nella collocazione extraconcorsuale del rapporto pendente che prosegua nel corso della procedura: essa giustifica la continuità del rapporto nella sua interezza, comprensiva di tutte le clausole pattizie che lo regolino (così anche di quella attributiva alla banca del diritto di “incamerare” le somme riscosse per conto del correntista), per l’essenziale loro connessione: nel senso della regolamentazione, pattuita tra le parti, della modalità satisfattiva del credito (di anticipazione) della banca, senza la quale l’operazione non sarebbe stata posta in essere, con la conseguenza dell’interdipendenza del negozio e del patto.

Non appare condivisibile l’opinione contraria, secondo cui il diritto della banca di compensare gli incassi dei crediti del proprio debitore richiedente il concordato, oggetto del mandato in rem propriam, con i propri crediti anteriori non sarebbe mai possibile in applicazione del meccanismo di compensazione contabile delle partite, in virtù della sola prosecuzione del rapporto di conto corrente bancario: non potendo esigere la banca un separato rimborso di pagamenti effettuati a terzi come mandataria del correntista, né a norma dell’art. 56 (richiamato dall’art. 169) l.fall., né ai sensi dell’art. 1853 c.c.

La differenza tra l’ordinario inserimento dell’accredito, da parte di una banca, in un conto corrente assistito da apertura di credito, di somme rimesse dal correntista o da terzi o provenienti da una distinta posizione debitoria dell’istituto di credito, nell’ambito dell’unitario complesso rapporto di conto corrente (così da non realizzare un’obbligazione autonoma della banca di rimettere al cliente le somme riscosse, suscettibile di compensazione legale con il saldo passivo, in quanto determinante una semplice variazione quantitativa del debito del correntista) sta proprio, infatti, nell’esistenza di uno specifico “patto di compensazione” previsto nel rapporto tra le parti: esso sì integrante, non già un mero effetto contabile dell’esercizio del diritto, spettante al correntista, di variare costantemente la sua disponibilità in attuazione di un continuo regolamento contabile dei singoli crediti, ma una compensazione in senso tecnico così come quella prevista, in caso di pluralità di rapporti o di conti, dall’art. 1853 c.c.

La valutazione da operare è allora di convenienza del mantenimento delle linee di credito, con le pattuizioni ad esse accedenti (eventuali cessioni di crediti o patti di compensazione, in funzione solutoria, in favore della banca finanziatrice) e l’ordinario servizio di incasso dei crediti (per cui indubbiamente la banca è  professionalmente più attrezzata).

Ma essa si deve inserire in una valutazione “di programma”, ossia di concreta incidenza nell’economia della proposta.

È stato sostenuto (Adriano Patti, in Il Fallimento, 5/’15, 560) comequesto sia  un aspetto estremamente delicato, perché ridonda sulla natura strategicamente essenziale ovvero marginalmente rilevante del rapporto nell’assetto organizzativo aziendale dell’imprenditore in crisi: e dunque sul suo interesse a mantenerlo, ovvero a sospenderlo temporaneamente o a sciogliersene definitivamente, in relazione alla convenienza economica.

E perché l’esame sia effettivamente serio e completo, bisogna che il debitore disponga, fin da prima della presentazione della proposta, di una puntuale ed esauriente informazione di tutti i rapporti giuridici preesistenti, così da considerarne debitamente, nella determinazione del fabbisogno concordatario, la propria effettiva capacità di adempimento o di far fronte alle conseguenze del loro inadempimento

È peraltro evidente che, se prima il vincolo di prosecuzione dei rapporti, secondo la disciplina di diritto comune (in difetto di una specifica disposizione  per la procedura di concordato), limitava fortemente la possibilità del debitore di una loro gestione declinata nella prospettiva della concorsualità (con la conseguente possibilità, in via esclusiva, di una rinegoziazione dei rapporti e comunque con la loro valutazione nel complesso), la nuova disciplina consente al debitore uno scrutinio autonomo di ogni rapporto, rispetto al quale egli deve assumere una diversa determinazione, sia pure a livello di richiesta.

Ed occorre necessariamente tenere conto dell’incidenza di ognuno di questi rapporti  sul piano e sulla sua fattibilità: secondo una valutazione appunto “di programma”, coerente con la vigenza dell’esercizio di impresa ed intesa alla salvaguardia della garanzia patrimoniale per i creditori concorsuali.

Sicché, la valutazione di incidenza deve essere operata sulla fattibilità del   piano concordatario e i rapporti pendenti devono essere specificamente e dettagliatamente indicati, perché siano apprezzati in funzione di essenzialità per la prosecuzione dell’attività di impresa e di migliore soddisfazione dei creditori.

Dunque, nella valutazione di convenienza del mantenimento delle linee di credito e con particolare riferimento alla delicata questione dell’operatività del patto di compensazione, in quanto accedente a rapporto di finanziamento bancario pendente che prosegue, può allora essere opportuna la sospensione dei contratti bancari, per evitarne gli effetti a discapito degli altri creditori: con valutazione attenta della possibilità per la banca di provocarne automaticamente gli effetti, qualora titolare della facoltà di recesso unilaterale in ogni momento dal rapporto.

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