Conto cointestato: sequestro solo su beni riferibili a indagato

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Conto cointestato: sequestro solo su beni riferibili a indagato

La Corte di cassazione ha annullato un’ordinanza con cui, nell’ambito di un’indagine per i reati di peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso di ufficio e false attestazioni, era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

La misura cautelare era stata eseguita, in parte, in via diretta, in parte, per equivalente, sulla somma giacente su un conto corrente bancario cointestato all'indagato e al coniuge separato di questi, estraneo ai reati.

Il provvedimento era stato impugnato dal difensore degli interessati, sull’assunto che, rispetto ai reati ipotizzati, non fosse configurabile il requisito del fumus commissi delicti, posto che il relativo accertamento era stato compiuto esclusivamente in via presuntiva.

Con sentenza n. 25427 dell’8 settembre 2020, la Suprema corte ha ritenuto fondata la doglianza di specie, sottolineando come il tema oggetto di esame attenesse ai limiti di sindacato delle ordinanze cautelari reali sul requisito del fumus, al principio di proporzionalità e alle condizioni giustificative del sequestro sul denaro giacente nel conto cointestato con soggetto terzo, estraneo ai reati.

Misura cautelare, motivazione indispensabile

In primo luogo, gli Ermellini hanno ricordato il recente arresto a Sezioni Unite (Cass. n, 36072/2018), secondo cui ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, richiede che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco. In tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa requisito indispensabile.

Ne discende che il giudice, nel disporre la misura cautelare, non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti, ma deve anche modulare il sequestro in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto a vincolo anche oltre le effettive necessità.

Secondo la Cassazione, il Tribunale, nella vicenda in esame, non aveva fatto corretta applicazione di questi principi.

In primo luogo, rispetto alla posizione del soggetto indagato, tutta la ricostruzione accusatoria era fondata su un meccanismo sostanzialmente presuntivo, ossia sulla base di un giudizio di globale attendibilità delle annotazioni contenute in alcune agende dell’interessato.

Sequestro totalitario su beni riferibili a indagato

Per quel che concerne, poi, la somma sequestrata sul conto corrente bancario cointestato con un terzo estraneo, la Sesta sezione penale della Cassazione ha ritenuto di dover condividere solo parzialmente i principi affermati dalla giurisprudenza maggioritaria, ai sensi della quale la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, senza che a tal fine rilevino presunzioni o vincoli posti dal codice civile, fatta salva la facoltà, per il terzo, di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo.

Per i giudici di Piazza Cavour, infatti, ciò che andrebbe accertato non è la materiale disponibilità, da parte dell’indagato, del denaro versato sul conto corrente cointestato, quanto piuttosto il fatto che il denaro sia causalmente riferibile e riconducibile allo stesso indagato, ossia provenga da questi. Solo in questo modo si potrebbe affermare che quel bene sia profitto o prezzo del reato.

In definitiva, il sequestro totalitario finalizzato alla confisca diretta del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto non sulla base di meccanismi presuntivi ma a seguito di una verifica, anche solo a livello indiziario, che il conto sia alimentato solo da somme dell’indagato.

La misura cautelare, in questo modo, non andrebbe disposta sulla base di un’inversione probatoria su base presuntiva, ma alla luce dell’applicazione di principi generali per i quali il sequestro del prezzo o del profitto del reato è ammesso solo sui beni riferibili all’indagato.

Nella vicenda di specie, tuttavia, i giudici di merito non avevano fornito, sul punto, una convincente ed adeguata motivazione, essendosi limitati ad affermare che “la difesa non è stata in grado di provare la riconducibilità esclusiva del denaro”, e ciò anche a fronte di deduzioni difensive specifiche, volte a comprovare che quel conto corrente fosse alimentato da denaro anche del coniuge.

Allegati Anche in
  • edotto.com – Punto & Lex del 28 luglio 2018 - Sequestro su corpo di reato con specifica motivazione - Pergolari

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