Controlli societari a un unico soggetto

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Gli organismi investiti del controllo societario – il collegio d’amministrazione e quello sindacale tra i numerosi altri – non considerano, scrive Bruno Ermolli, Presidente dell’Osservatorio sulla riforma del diritto societario della Camera di commercio di Milano nella seconda parte del suo intervento su “Il Sole 24 Ore” (la prima parte è pubblicata in “Edicola” di ieri, 23 maggio 2006), che la buona conduzione d’una azienda è il prodotto della realizzazione di un’autonoma struttura di controllo che per nulla si conforma con il dettame che impongono le norme vigenti. Ovvero, l’internal auditing, il cui incarico è la verifica del rispetto delle regole interne ed esterne all’azienda attraverso il controllo della gestione che accerta il raggiungimento degli obiettivi economici e finanziari prestabiliti.

D’altra parte, i proliferanti organismi, processi e strumenti di controllo istituiti per il raggiungimento del fine della trasparenza e della correttezza del mercato, inseguito dalla riforma del diritto societario, non evitano i rischi che, anzi, dovrebbero prevenire. E il loro costo di gestione s’accresce poiché assorbono eccessive risorse in attività non direttamente produttive.

Ecco allora la riflessione dell’autore di seguire il percorso più semplice, garantendo maggiore incisività di intervento: quello dell’affidare funzioni di controllo, precisamente e chiaramente definite, ad un soggetto, unicamente uno, “esterno” alla società controllata, cui andrebbe sottratto o perlomeno condizionato il potere di scegliere e nominare il controllore, che è un potere capace di minare alla base la credibilità degli organi deputati alla verifica, la cui essenza dev’essere in ogni caso l’indipendenza.             

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