Credito d’imposta estero: ok anche senza indicazione in dichiarazione
Pubblicato il 25 giugno 2025
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L’obbligo, stabilito dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi, di riconoscere il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero si applica anche nei casi di omessa dichiarazione o di mancata indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione presentata.
Tale obbligo, essendo di fonte pattizia internazionale, prevale sulla normativa interna qualora quest’ultima risulti più restrittiva, in virtù del principio di prevalenza delle norme internazionali più favorevoli al contribuente.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con ordinanza n. 16699 del 23 giugno 2025, nel richiamare il principio già enunciato con la sentenza n. 24205/2024.
Credito d’imposta estero: ammesso anche senza indicazione in dichiarazione
Il caso esaminato
La Corte di legittimità, in particolare, si è pronunciata su un caso concernente l’omessa indicazione in dichiarazione dei redditi esteri derivanti da una partecipazione immobiliare detenuta in Svizzera e regolarizzata tramite la procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure).
Il ricorso era stato promosso dagli eredi di un contribuente deceduto, ai quali era stato negato il diritto al credito d’imposta per imposte assolte all’estero, in ragione dell’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi percepiti oltre confine.
L’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto che tale omissione precludesse l’applicazione dell’art. 165 del TUIR, che subordina il riconoscimento del credito alla previa indicazione dei redditi esteri.
La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato tale impostazione.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, ritenendo fondati i motivi di ricorso.
In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che, in presenza di procedura di voluntary disclosure validamente attivata e riferita ai redditi oggetto di regolarizzazione, l’omessa indicazione in dichiarazione non può escludere il diritto al credito d’imposta.
La decisione richiama l’art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990 e i principi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni (in particolare con la Svizzera), ribadendo la prevalenza del diritto convenzionale su quello interno. Viene inoltre evidenziato come le norme interne non possano contrastare con obblighi internazionali, ex art. 117 Cost.
La causa è stata rinviata alla CTR del Piemonte in diversa composizione per una nuova valutazione conforme ai principi enunciati.
Ribadito il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità
Nella propria disamina, come anticipato, la Cassazione richiama espressamente la sentenza n. 24205 del 2024, valorizzandone i principi in tema di riconoscimento del credito d’imposta per imposte pagate all’estero, in presenza di violazioni formali sanate tramite la voluntary disclosure.
Principi più di recente richiamati con l'ordinanza n. 10642 del 23 aprile 2025, con cui la Cassazione ha ammesso la possibilità di riconoscere il credito d’imposta per imposte pagate all’estero, anche in caso di mancata immediata indicazione di tale credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riferimento.
Di seguito il principio di diritto ribadito dalla Suprema Corte nell'ordinanza n. 16699 del 2025:
"L’obbligo incondizionato, previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi, di detrarre, entro determinati limiti, dall’imposta da versare al fisco italiano l’imposta versata al fisco estero, si applica anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata, in quanto la norma interna (art. 165, comma 8, Tuir) non puờ legittimamente limitare l'efficacia precettiva delle norme internazionali pattizie o porsi in contrasto con esse (art. 117, comma 1, Cost.), premurandosi lo stesso ordinamento nazionale, tramite le disposizioni di cui all'art. 75 del D.P.R. n. 600 del 1973 e all'art. 169 del D.P.R. n. 917 del 1986 (quest'ultima nella parte in cui afferma implicitamente la prevalenza degli accordi internazionali nel caso in cui siano più favorevoli al contribuente), di attribuire alle norme interne il carattere della cedevolezza rispetto a quelle internazionali pattizie più favorevoli al contribuente".
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