Eccezione di compensazione del terzo pignorato proposta nel successivo fallimento del debitore esecutato

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Eccezione di compensazione del terzo pignorato proposta nel successivo fallimento del debitore esecutato

La giurisprudenza di legittimità (1) ha affrontato di recente una questione particolare in tema di operatività della compensazione in sede fallimentare (art. 56 L.Fall.).

LA QUESTIONE

La questione posta all’attenzione dei giudici va così esposta: <<se, intrapreso dal creditore individuale procedimento di espropriazione presso terzi con riguardo alle somme depositate dal debitore su conto corrente bancario - conclusosi con decreto di improcedibilità per sopravvenuto fallimento del debitore - allorché peraltro la banca, in occasione della dichiarazione di terzo ex art. 547 c.p.c., abbia omesso di rendere nota la sussistenza di un proprio controcredito di maggiore importo, derivante da altri conti correnti facenti capo al medesimo debitore, sia in seguito precluso alla stessa, richiesta del pagamento di quel saldo attivo da parte del fallimento del suddetto debitore, eccepire la compensazione, sebbene il procedimento espropriativo non sia mai pervenuto al decreto di assegnazione a causa del sopraggiunto fallimento e per tale ragione sia stato dichiarato improcedibile>>.

CARATTERI DEL PROCEDIMENTO ESPROPRIATIVO PRESSO TERZI

La questione proposta richiede l'individuazione di alcuni caratteri del procedimento di espropriazione presso terzi.


 Il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa, la quale si perfeziona con la dichiarazione positiva del terzo (o con l'accertamento giudiziale del credito di cui all'art. 549 c.p.c.), fornendo essa al giudice dell'esecuzione le informazioni necessarie per provvederne all'assegnazione al pignorante.  La dichiarazione positiva del terzo (come l'accertamento compiuto giudizialmente), pertanto, completa l'oggetto dell'espropriazione, che, ai fini esecutivi, è in tal modo definitivamente fissato: il pignoramento è l'atto con cui s'individuano e si conservano i diritti del debitore sottoposti ad espropriazione. In particolare, nel pignoramento dei crediti l'accertamento dell'appartenenza del credito si atteggia in modi peculiari, dal momento che (a differenza che di quella del bene nell'espropriazione mobiliare, che si trovi presso il debitore, e della trascrizione dell'immobile nei registri immobiliari), nella procedura esecutiva presso terzi altrettanti "sintomi di appartenenza" immediati non sono riscontrabili. È stato, invero, chiarito che qui "soccorrono strumenti di verifica dell'appartenenza, che possono essere interni al processo esecutivo (come la dichiarazione con la quale il terzo specifica di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, ex art. 541 c.p.c., comma 1), o esterni ad esso, costituiti da un processo di cognizione volto all'accertamento di una convenzionale ed esteriore appartenenza del credito al debitore esecutato: artt. 548 e 549 c.p.p.").

In ipotesi di esito normale del processo di espropriazione presso terzi, allorché questi renda la dichiarazione positiva, segue infine l'ordinanza di assegnazione. L'oggetto del pignoramento, come sopra accertato, è quindi l'oggetto dell'ordinanza di assegnazione del credito, la quale dovrà essere emessa nei limiti dell'accertamento sull'oggetto così compiuto  e costituisce l'atto conclusivo del procedimento di espropriazione forzata presso terzi, il quale determina il trasferimento del credito dal debitore esecutato al suo creditore  L'ordinanza di assegnazione conclude il processo e comporta il trasferimento del credito, anche se avviene pro solvendo.

LA POSIZIONE DEL TERZO PIGNORATO

Nei confronti del terzo, il provvedimento di assegnazione, peraltro, non vale a renderlo esecutato, avendo esso il medesimo effetto che avrebbe una cessione negoziale del credito e l'ordinanza, con la quale il giudice dell'esecuzione, su istanza di assegnazione del creditore procedente, qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il provvedimento di assegnazione, è assunta nell'ambito dell'attività esecutiva e non di quella di accertamento del credito: in altri termini, l'ordinanza di assegnazione contiene un accertamento che si esaurisce in ambito esecutivo. Più in particolare, è stato chiarito dalla giurisprudenza costante di legittimità che nel processo di esecuzione forzata con espropriazione presso terzi sono parti necessarie solo i creditori ed il debitore esecutato, mentre il terzo pignorato non è il soggetto passivo dell'esecuzione, restando estraneo ad essa in quanto chiamato unicamente a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c..
 Se destinatario degli effetti passivi del titolo è il debitore esecutato, il terzo è coinvolto solo di riflesso per la sua qualità di debitore del debitore, ovvero per il suo dovere di prestazione verso il titolare del credito.
È per tale ragione che, ad esempio, le Sezioni unite della Corte di cassazione (2) hanno ritenuto come, in ipotesi di dichiarazione reticente che abbia favorito il debitore arrecando pregiudizio al creditore istante, a carico del terzo sussista non la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. (dato che egli, al momento di quella dichiarazione, non ha ancora la qualità di parte), ma la responsabilità per illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del soddisfacimento provocato con quel comportamento doloso o colposo, avendo violato il dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia quale ausiliario del giudice .

RAPPORTI FRA PROCEDURA ESECUTIVA E FALLIMENTO

Il nuovo art. 107, comma 6, L.Fall.  (in vigore dal 16 luglio 2006 nel testo derivante dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) dispone che, se alla data di dichiarazione di fallimento siano pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; ma, in mancanza, il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione. Ciò rende inequivoca l'alternativa tra prosecuzione della procedura esecutiva e cessazione della stessa. All'epoca dei fatti di causa, invece, la norma prevedeva che il curatore si sostituisse al creditore istante e ciò per le sole procedure immobiliari. Al riguardo, si era ritenuto che "per le espropriazioni immobiliari in corso si deve parlare di una improseguibilità da parte del creditore procedente e di una proseguibilità, rimessa ad una scelta discrezionale, da parte del curatore. L'azione proseguita è, tuttavia, proprio quella iniziata dal singolo creditore, sia pure con le modificazioni indotte dall'apertura del concorso di tutti i creditori".
Mentre, poi, il venir meno della legittimazione del curatore alla prosecuzione dell'azione esecutiva pendente ne provoca il riacquisto in capo ai creditori, i quali possono riprendere l'azione dal punto al quale era giunto il curatore: il "fondamento del principio va individuato
nell'incontestabile opportunità di risparmiare tempo e di utilizzare le attività processuali complesse e dispendiose già poste in essere, prima, per l'instaurazione della procedura esecutiva individuale e, poi, per la prosecuzione della stessa da parte del fallimento".


QUALIFICAZIONE E VALORE DELLA DICHIARAZIONE DEL TERZO

A questo punto la Corte di Cassazione fa il punto sulla qualificazione e sul  valore della dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c..
Essa appartiene alla fase esecutiva, non introducendo la citazione del terzo, con l'invito a rendere la dichiarazione, un processo di cognizione nei suoi confronti.
Secondo una risalente pronuncia, la dichiarazione del terzo si pone come "figura atipica del processo esecutivo" . Essa consiste in una dichiarazione di debito, quale atto tipico endoprocessuale, avente natura di dichiarazione di scienza e funzione complementare al pignoramento. Autorevole dottrina lo paragonava ad una "esibizione ideale" del terzo (actio ad exibendum): e con questa l'analogia in effetti sussiste quanto all'obbligo del terzo di adempiere, a fini di giustizia, alla richiesta di informazioni sulla sua posizione verso il debitore che gli viene rivolta (actio ad declarandum). Del resto, la S.C. ha più volte ragionato del dovere di collaborazione del terzo nell'interesse della giustizia quale ausiliario del giudice.
Ove dunque il terzo debitor debitoris, nel rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., renda noto il proprio credito compensabile con il credito del debitore esecutato, ciò non integra un'eccezione di compensazione in senso proprio, in quanto non si tratta di un giudizio di cognizione, il terzo non è parte in causa ed egli adempie ad un mero obbligo di giustizia.
In ipotesi, poi, di estinzione del processo esecutivo, dispone l'art. 632 c.p.c., che, se essa si verifica prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, rende inefficaci gli atti compiuti. Pertanto, dovendosi alla dichiarazione positiva del terzo attribuire la natura di dichiarazione di scienza quale atto tipico endoprocessuale, essa non preclude al terzo, ove il procedimento esecutivo si estingua per qualsiasi ragione, di eccepire la compensazione nei suoi rapporti diretti con il debitore principale.

SOPRAVVENIENZA DEL FALLIMENTO

In caso di fallimento, in particolare, la L. Fall., art. 56, stabilisce la facoltà per i creditori di compensare i crediti che vantano verso il fallito "ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento". La norma, in tal modo, ha ampliato l'ordinaria facoltà di compensazione ai crediti non liquidi o esigibili, ma esistenti, dando la giurisprudenza  una interpretazione estensiva della L. Fall., art. 56, in linea con una esigenza di equità, essendosi affermato (3) che la L. Fall., art. 56, deroga al principio della par condicio, permettendo al creditore di soddisfarsi per intero, quando sia anche debitore del fallimento. Non rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce, ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte: ciò che rileva è l'accertamento del momento in cui sussisteva il controcredito, anche qualora non fosse liquido o esigibile.

IL PRINCIPIO AFFERMATO DALLA CORTE

La S.C., in conclusione, è giunta ad affermare il seguente principio di diritto:<<  In tema di pignoramento individuale presso terzi di somma depositata su conto corrente bancario, non è precluso al terzo che abbia reso la dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c., nel procedimento espropriativo, in seguito dichiarato improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore, di eccepire, nel giudizio ordinario intrapreso dal fallimento in luogo del debitore per il pagamento del saldo del conto corrente, la compensazione con riguardo al credito vantato dalla banca verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente, ai sensi della L. Fall., art. 56>>

 


(1) Cass. civ. 4380/’15

(2) Cass., sez. un., 18 dicembre 1987, n. 9407

(3) Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775

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