Giudici con tempi serrati

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Il problema della eccessiva lunghezza delle cause italiane sembra in procinto di essere risolto. Il decreto “salva-infrazioni” - il n. 59 dell’8 aprile pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 54 - traccia le linee guida per superare l’estenuante lasso temporale che intercorre tra i procedimenti cautelari e le decisioni nel merito nei ricorsi davanti ai giudici civili e tributari. Secondo Bruxelles si tratterebbe di tattiche dilatorie che riguarderebbero ogni tipo di causa, con esempi eclatanti come quello del contenzioso ormai ventennale sulle quote latte (multe non pagate dagli allevatori italiani per le eccedenze prodotte). Al momento, però, la soluzione proposta dal diritto comunitario rimarrebbe confinata ai soli contenziosi comunitari, dove tra le cause più frequenti di ritardi è da considerare l’atteggiamento della magistratura che decide troppo lentamente. Molte volte, infatti, i giudici sospendono in via cautelare gli atti adottati dalle amministrazioni in attesa della sentenza definitiva di merito, emanata spesso dopo molti anni. Lo Stato, in questo modo, rischia di incorrere in sanzioni perché le procedure nazionali violano il principio secondo il quale devono garantire “l’esecuzione immediata ed effettiva” della decisione della Commissione Ue che accerta l’illegittimità dell’aiuto. Il decreto legge restringe, quindi, i casi in cui i giudici nazionali possono sospendere in via cautelare i provvedimenti di recupero. Inoltre, obbliga i giudici nazionali che ordinano la sospensione a fissare l’udienza di trattazione nel merito nel termine di 30 giorni e delimita l’efficacia temporale della sospensione a 90 giorni, con una sola possibile proroga di altri 60 giorni.
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