I diritti dopo la legge sulle unioni civili

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I diritti dopo la legge sulle unioni civili

Ai sensi dell’art. 1, comma 20, Legge n. 76 del 20 maggio 2016, al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.

La disposizione suddetta non si applica automaticamente alle norme del codice civile salvo che non sia richiamata espressamente nella Legge n. 76/2016.

Stante quanto sopra, diversi sono i diritti del rapporto di lavoro che si estendono alle unioni civili.

Congedo matrimoniale

Il congedo matrimoniale è previsto da tutti i contratti collettivi nazionali per un periodo generalmente pari a 15 giorni di calendario e spetta in occasione del matrimonio civile.

Il congedo è retribuito, va richiesto con un determinato preavviso e spetta ad entrambi i coniugi e, quindi, dal 15 giugno 2016 – data di entrata in vigore della Legge n. 76/2016 – spetta anche ad ognuno dei soggetti dello stesso sesso che diventino parti di un’unione civile.

Durante il periodo di congedo in questione:

  • al lavoratore spetta la normale retribuzione;
  • si maturano le mensilità aggiuntive, le ferie e tutti gli altri istituti contrattuali.

Permessi per assistere i disabili

Anche i permessi ex art. 33, Legge n. 104/1992, per assistere il portatore di handicap grave, spettano ai lavoratori dello stesso sesso, parti di un’unione civile.

Ed infatti la norma prevede che il diritto ai tre giorni di permesso mensile retribuiti e coperti da contribuzione figurativa spetta – sempre a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno - al lavoratore dipendente che assista una persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Quindi i lavoratori dello stesso sesso legati da un’unione civile potranno assistere i propri compagni portatori di handicap grave.

In merito si ricorda che il diritto in questione non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità (fanno eccezione i genitori) e che il dipendente può prestare assistenza anche nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge, o del compagno parte dell’unione civile, o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Il congedo straordinario per assistere i disabili

Il primo soggetto in ordine di priorità che può fruire del congedo straordinario biennale retribuito per assistere il portatore di handicap grave non ricoverato a tempo pieno, ex art. 42, comma 5 e segg., D.Lgs. n. 151/2001, è il coniuge convivente.

Per la legge sulle unioni civili, di conseguenza, il diritto a fornire l’assistenza in questione spetta alla parte dell’unione civile ex lege n. 76/2016, purché convivente con il disabile, entro sessanta giorni dalla richiesta.

Poiché la legge ha stabilito un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto alla fruizione del congedo straordinario che degrada solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi, il diritto spetterà al padre o alla madre qualora il partner non conviva col disabile o sia morto o soffra di patologie invalidanti.

Si rammenta che ai fini dell’individuazione delle patologie invalidanti, in assenza di un’esplicita definizione di legge, vanno prese a riferimento le patologie, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lett. d), numeri 1, 2 e 3 del decreto interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000, che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della Legge n. 53/2000.

In merito al requisito della convivenza richiesto per la fruizione del congedo straordinario, l’INPS ha specificato che lo stato viene accertato d’ufficio previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea (v. iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32, D.P.R. n. 223/1989), ove diversa dalla dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile.

In alternativa all’indicazione dei suddetti elementi, l’interessato può produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.

Si rammenta che per questa tipologia di congedo straordinario non è possibile superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa.

Inoltre, il congedo straordinario in questione:

  • spetta a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presti assistenza;
  • non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Part-time

Ai sensi dell’art. 8, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Tale norma è applicabile alle unioni civili tra persone delle stesso sesso dal 15 giugno 2016 per cui il diritto alla priorità nella trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time spetta, ricorrendo i presupposti, anche ai partners dell’unione civile.

Sempre con riferimento al contratto di lavoro part-time, allo stesso lavoratore è riconosciuta, altresì, la facoltà di revocare il consenso prestato alle clausole elastiche per poter assistere il partner affetto da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti.

 

Quadro delle norme

D.P.R. n. 223/1989

Legge n. 104/1992

D.P.R. n. 445/2000

D.I. n. 278/2000

Legge n. 53/2000

D.Lgs. n. 151/2001

D.Lgs. n. 81/2015

Legge n. 76/2016

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