Il controllo mediante agenzia investigativa

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Il controllo mediante agenzia investigativa

Gli artt. 2 e 3 della L. n. 300/70

Tale tecnica di controllo in linea di principio non è in contrasto con gli artt. 2 e 3 della L. n. 300 cit., i quali delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell’attività lavorativa (art. 3).

In particolare, l’art. 2 comma 1 della L. n. 300 cit. prevede che “il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate […], soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale”, mentre il successivo comma 3 puntualizza che, salve specifiche eccezionali e motivate esigenze attinenti ai compiti di controllo, è “fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull’attività lavorativa le guardie [...]”. In caso di violazione del precetto il comma 4 della medesima disposizione affida all’Ispettorato del lavoro il compito di promuovere presso “il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi”.

L’art. 3 della L. n. 300 cit. invece impone al datore di lavoro di comunicare ai “lavoratori interessati”, la cui attività è quindi suscettibile di entrare in contatto con la vigilanza delle guardie, “i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa”.

Pertanto entrambe le previsioni non precludono al datore di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica. Soprattutto tali norme facoltizzano la parte datoriale a ricorrere a collaboratori esterni, come le agenzie investigative, diversi dalla guardie particolari giurate per esercitare un controllo volto alla tutela del patrimonio aziendale.

Il controllo mediante agenzia investigativa

E invero il ricorso all’agenzia, come osservato dalla S.C. può essere giustificato “[…] non solo per l’avvenuta prospettazione di illeciti e per l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione” (Cass. civ. Sez. lavoro, 14/02/2011, n. 3590).

La liceità dell’intervento degli agenti resta comunque condizionata al rispetto, da parte degli agenti, dei principi di non invasività, adeguatezza e proporzionalità (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, Sent. 18-07-2017, n. 17723), fermo restando che l’attività di costoro riguardi fatti illeciti diversi dal mero adempimento dell’obbligazione lavorativa.

Segnatamente, con riferimento a quest’ultimo aspetto, l’ordinanza in commento ha osservato che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un’agenzia investigativa, “non possa riguardare, in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa”. Tali aspetti infatti sono sottratti alla suddetta vigilanza, la quale, pertanto, per focalizzarsi sulle risorse umane, “deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”. (cfr. Corte di Cassazione ordinanza n. 15094 cit.).

Si tratta di un assunto ribadito più volte dalla S.C. per la quale “le garanzie degli artt. 2 e 3 citati operano, infatti, esclusivamente con riferimento all’esecuzione della attività lavorativa in senso stretto, non estendendosi, invece, agli eventuali comportamenti illeciti commessi dal lavoratore in occasione dello svolgimento della prestazione che possono essere liberamente accertati dal personale di vigilanza o da terzi” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro n. 8373/2018).
Nell’ambito dei comportamenti illeciti l’orientamento richiamato dall’ordinanza annovera la verifica sull’attività extra-lavorativa svolta dal lavoratore in violazione del divieto di concorrenza, fonte di danni per il datore di lavoro (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 22/05/2017, n. 12810) ovvero nel caso di controllo finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio, da parte di un dipendente, dei permessi ex art. 33 legge n. 104 del 1992 (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 04/03/2014, n. 4984).

Il criterio del controllo retrospettivo

L’assunto che va messo in luce è che l’intervento mediante agenzia “è ammesso solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti” ovvero nel caso in cui il datore “abbia un sospetto o la mera ipotesi che gli illeciti siano in corso di esecuzione”.

Le criticità semmai emergono laddove il sospetto del datore risulti, all’esito delle indagini, infondato.

Infatti, il criterio giurisprudenziale sottende una valutazione ex-post che porta il datore ad esaminare in chiave retrospettiva la condotta concretamente tenuta dal lavoratore. In altre parole, una volta che venga ammessa la verifica fondata sul sospetto, la diretta e logica conseguenza è quella per cui il dipendente, quantunque impegnato nell’esecuzione della prestazione lavorativa, e prima ancora delle prove circa la realizzazione da parte di costui di qualsivoglia illecito, può risultare destinatario di controlli, anche occulti, da parte degli investigatori. Tale modalità non pare pienamente in linea con la previsione di cui all’art. 4 della L. n. 300 cit. salvo ritenere che sospetti di illecito costituiscano ai sensi del successivo 3 comma della medesima legge 300 cit. “specifiche eccezionali e motivate esigenze attinenti ai compiti di controllo”.

Semmai appare vero che ove gli agenti abbiano accettato il mandato del datore di esercitare sul dipendente un controllo che abbia interessato anche l’attività lavorativa e tale controllo sia poi risultato del tutto pretestuoso e ingiustificato, nulla esclude al lavoratore di segnalare l’accaduto al personale ispettivo affinché quest’ultimo adotti i provvedimenti di competenza. Si ritiene all’uopo che tra tali atti figuri anche l’azione di cui all’art. 3 comma 4 della L. n. 300 cit. di promuovere presso il questore procedimento di sospensione degli agenti dal servizio investigativo.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale

 

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