Il giudice “pesa” il mobbing

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E’ stata pubblicata la scorsa settimana dall’Ufficio del massimario della Suprema corte di cassazione una relazione tematica in merito alla situazione normativa italiana ed alle recenti pronunce giurisprudenziali sul mobbing. La relazione, che parte dall’analisi comparata della disciplina internazionale ed europea, riporta anche i contributi dottrinali più interessanti sul tema. Il quadro attuale evidenzia una lacuna normativa in parte tamponata da alcune disposizioni di legge sulla sicurezza e tutela del lavoro che regolano situazioni assimilabili: l’articolo 2087 del C. c., le norme antidiscriminatorie dei Dlgs 215/03 e 216/03 ed il Dlgs 81/08. Tuttavia viene rilevato che casi di mobbing effettivamente riconosciuti a livello giurisprudenziale non sono molti. I giudici chiamati alla decisione sono per lo più i civili che paiono oramai concordi nel ritenere la fattispecie come un fenomeno unitario caratterizzato dalla reiterazione e dalla sistematicità delle condotte lesive e dalla intenzionalità delle stesse in direzione del risultato perseguito di isolamento ed eventuale espulsione del lavoratore. Dunque, emerge dall’analisi la necessità di superamento della soglia dell’ordinaria conflittualità per poter inquadrare il mobbing tra le fattispecie illecite.

Sarà dedicato a questo argomento l’incontro “Mobbing: situazioni negative, azioni positive” del prossimo 20 novembre organizzato presso la sede milanese del Sole 24 Ore.

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