Indebita compensazione di crediti R&S con contributi previdenziali

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Indebita compensazione di crediti R&S con contributi previdenziali

Reato di indebita compensazione configurabile in caso di utilizzo in compensazione di inesistenti crediti R&S a fronte di debiti per IVA e per contributi assistenziali e previdenziali.

Inesistente credito R&S utilizzato in compensazione: sì al sequestro

Confermato, dalla Cassazione, il decreto di sequestro preventivo a fini di confisca emesso dal Gip nell'ambito di un'indagine per il reato di indebita compensazione a carico del legale rappresentante e dell'amministratore di fatto di una Srl.

L'ipotesi accusatoria era di utilizzo in compensazione di inesistenti crediti di ricerca e di sviluppo a fronte di debiti per IVA e per contributi assistenziali e previdenziali.

I due indagati si erano rivolti alla Suprema corte contestando, tra i motivi, la configurabilità, nella specie, del reato di cui all'art. 10-quater, comma 2, D. Lgs. n. 74/2000, sull'assunto che tale illecito sarebbe integrabile esclusivamente con riguardo a debiti per imposte dirette ed IVA, ma non anche con riguardo a debiti per contributi assistenziali e previdenziali.

Secondo la loro difesa, inoltre, era erronea l'affermazione contenuta nell'ordinanza impugnata secondo cui il credito utilizzato in compensazione, relativo ad attività di ricerca e sviluppo, era inesistente: sul punto, il giudice del riesame non aveva risposto alle specifiche doglianze con cui i due avevano evidenziato l'effettività di tale credito e la necessità di acquisire il parere del Ministero dello Sviluppo Economico per accertarne l'inesistenza.

Compensazione indebita anche per contributi previdenziali  

Con due sentenze gemelle, nn. 32330 e 32331 depositate il 2 settembre 2022, la Terza sezione penale ha giudicato infondati tali rilievi, rammentando, in primo luogo, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale il reato di indebita compensazione riguarda l'omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario.

La ratio della disposizione di cui all'art. 10-quater - si legge nella decisione - si ravvisa infatti "nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell'omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l'indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributari".

E in questa prospettiva, l'indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell'Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta. 

Reato accertabile senza il parere del Mise

Rispetto, poi, all'ulteriore doglianza dei ricorrenti, i giudici di Piazza Cavour hanno precisato che nell'ordinanza impugnata era stato spiegato che il credito utilizzato in compensazione dalla società doveva ritenersi inesistente perché, secondo quanto emerso dagli accertamenti di polizia giudiziaria:

  • l'attività di R&S posta a base del credito non era descritta in maniera sufficiente;
  • non vi erano documenti che attestavano la descrizione delle attività concretamente svolte;
  • non era stata sviluppata alcuna App mobile;
  • non vi era traccia di corrispondenza telematica per le interlocuzioni; 
  • l'impresa aveva già in uso programmi gestionali dedicati alla logistica e ai trasporti.

Nella medesima decisione, inoltre, era stato puntualmente indicato che i ricorrenti, al momento dei fatti, erano amministratori della società che aveva effettuato le indebite compensazioni per cui si era proceduto al sequestro. Era stato quindi indicato, in modo puntuale, perché dovesse ritenersi sussistere il fumus commissi delicti.

In ogni caso, era del tutto destituita di fondamento la deduzione concernente la necessità di acquisire il parere del Mise per accertare l'inesistenza del credito utilizzato in compensazione.

Le disposizioni di riferimento, infatti, non stabiliscono alcuna "riserva di accertamento" amministrativa pregiudiziale rispetto alle valutazioni del giudice penale, limitandosi a prevedere i controlli da effettuare in sede amministrativa ai fini della verifica della effettività dei crediti d'imposta per attività di ricerca e sviluppo

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