Le preclusioni per le verifiche ispettive in materia previdenziale e assicurativa

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Le preclusioni per le verifiche ispettive in materia previdenziale e assicurativa

Premessa

Con circolare n. 4 del 2019 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha diramato, al proprio personale ispettivo, istruzioni operative sul portato applicativo dell’art. 3 comma 20, della L. n. 335/95, c.d. “Riforma Dini”. La norma stabilisce limiti e condizioni per lo svolgimento, in tempi differenti, di ispezioni su una medesima azienda.

Le preclusioni per le verifiche di natura previdenziale e assicurativa

Va preliminarmente osservato che l’art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. concerne le verifiche ispettive in materia previdenziale e non riguarda invece la ispezioni che hanno a oggetto l’accertamento sull’osservanza o meno della legislazione giuslavoristica in funzione dell’eventuale irrogazione di sanzioni amministrative o della contestazione di ipotesi di reato. 

Tale aspetto viene messo ben in evidenza dalla circolare n. 4 in cui si afferma che “[...] il regime delle preclusioni inerisce esclusivamente agli accertamenti di natura previdenziale ed assicurativa”. Tale circolare è ancor più esplicita laddove afferma che “in tutti i casi in cui una precedente attività ispettiva abbia avuto ad oggetto esclusivamente aspetti inerenti la regolarità amministrativa dei rapporti di lavoro, la preclusione si potrà quindi configurare soltanto in relazione agli eventuali effetti sul piano previdenziale e assicurativo dell’accertamento amministrativo”.

Inoltre la stessa circolare specifica anche che tali preclusioni operano solo in relazione all’attività esercitata dal personale di vigilanza, con la conseguenza che non rientrano nel raggio applicativo della norma le operazioni di controllo effettuate  dall’Istituto d’ufficio. Quest’ultimo pertanto può operare mediante propri funzionari per la verifica circa la sussistenza o meno di crediti previdenziali. 

L’obbligo di conclusione dell’accertamento con verbale

La norma in commento sancisce l'obbligo di verbalizzazione ogni qual volta il datore di lavoro venga sottoposto a controllo ispettivo. Ne segue pertanto il diritto del datore a ricevere copia di tale verbale. E’ altresì importante sottolineare che tale obbligo sussiste anche in caso di constata regolarità.

La seconda parte dell’art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. circoscrive le preclusioni ai casi di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all'accertamento ispettivo eseguito.

Appare oltremodo evidente che la ratio della norma è quella di garantire una sinergia nell’operato degli organi ispettivi, al fine che l’attività svolta da questi ultimi risulti in realtà sempre più corrispondente ai canoni della razionalità e di buon andamento.

E infatti, la disposizione “si applica anche agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento, nonché ai verbali redatti dai funzionari dell'Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa”. La norma, di fatto, preclude la possibilità, anche per gli ispettori del lavoro della DTL, di eseguire accertamenti di natura previdenziale e assicurativa per periodi e su posizioni che hanno formato oggetto di pregresse verifiche.

La circolare n. 4 dell’INL evidenzia tale passaggio normativo onde richiamare gli ispettori del lavoro e previdenziali a una corretta e opportuna rendicontazione delle attività compiute in relazione alle finalità delle indagini. 

Le condizioni di operatività delle preclusioni

Come testé accennato concorrono alla formazione delle preclusioni le seguenti ipotesi:

  • verbale di regolarità. In tal caso le preclusioni operano in relazione agli specifici aspetti esaminati, limitatamente al periodo temporale, alle posizioni esaminate e allo specifico oggetto dell’accertamento e così come indicati nel verbale di attestazione di regolarità rilasciato al soggetto ispezionato;
  • verbale di irregolarità. In tal caso occorre che l’impresa abbia proceduto alla regolarizzazione complessiva delle irregolarità previdenziali riscontrate. Ne segue che in mancanza di tale regolarizzazione l’art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. non è in alcun modo applicabile e il personale ispettivo potrà spiegare le proprie verifiche anche rispetto a periodi e posizione già esaminati con precedenti accertamenti, fatto salvo ovviamente il rispetto dei termini di prescrizione.

L’inoperatività delle preclusioni

Per espressa previsione normativa i presupposti sopra detti non operano, e quindi le preclusioni non hanno effetto, qualora l’irregolarità scaturisca da condotte omissive o irregolari del datore di lavoro ovvero da denunce del lavoratore.

La condotta omissiva del datore di lavoro

Come specificato dalla circolare n. 4, che richiama precedenti orientamenti dell’Istituto previdenziale, il comportamento omissivo si configura di solito nel rifiuto da parte del datore di lavoro di esibire la documentazione e tale condotta può concretizzarsi nel diniego di accesso nei locali di lavoro, oppure nel frapporre ostacoli alla raccolta delle dichiarazioni e più in generale in una mancanza di collaborazione alle indagini ispettive. Tali attività si riferiscono all’accertamento pregresso e pertanto devono risultare dal verbale redatto in occasione della prima verifica: ciò significa che, nel corso del secondo accertamento, gli ispettori, preso atto della mancata verifica della documentazione, possono decidere in merito a quanto non precedentemente accertato a causa dei comportamenti omissivi e ostruzionistici del datore di lavoro.

La condotta irregolare del datore di lavoro

Per quanto riguarda invece la condotta irregolare, si ritiene che questa si concretizzi in un’attività che simuli o dissimuli contenuti dei rapporti di lavoro, in modo da far apparire una realtà diversa da quella effettiva e una difformità tra quanto scritturato nella documentazione di lavoro e la prestazione concretamente svolta dai dipendenti e/o collaboratori.

Modalità e contenuti della verbalizzazione

In tal contesto occorre sottolineare l’estrema importanza della fase di redazione del verbale, il quale, come testualmente recita l’art. 33 comma 4 della L. n. 183/10, deve contenere, “gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati”. Del pari, sebbene non enunciato dalla norma, ma richiamato dalla circolare n. 4, il verbale deve fare menzione anche dell’arco temporale oggetto di disamina ispettiva. Le istruzioni operative fissano un vero e proprio obbligo dell’ispettore nella redazione dei verbali di primo accesso e interlocutorio nei quali deve essere esplicitato l’oggetto dell’indagine e le finalità dell’accertamento.  Naturalmente come osservato dall’INL, qualora nel corso di una verifica ispettiva emergano ulteriori profili da approfondire, sarà sempre possibile ampliare l’oggetto dell’indagine con riferimento all’ambito, al periodo o alle posizioni lavorative esaminate, formalizzando le necessarie ulteriori richieste documentali, mediante notifica di un verbale interlocutorio. Resta chiaro che in sede di redazione del verbale unico di conclusione degli accertamenti il personale ispettivo dovrà riportare l’indicazione puntuale degli atti e documenti esaminati in relazione alle finalità dell’accertamento, alle singole posizioni dei  lavoratori interessati e al periodo oggetto di verifica.

In sostanza il verbale deve indicare non solo quali documenti siano stati esaminati e quante dichiarazioni siano state raccolte, ma anche l’ampiezza temporale dell'indagine svolta. Al cospetto di verbali contenenti indicazioni ampie e non temporalmente circostanziate, la giurisprudenza di merito ha ritenuto applicabile il c.d. effetto preclusivo previsto dall'art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. Segnatamente è stato stabilito che tale preclusione “[…] ha una valenza generale e non limitata alla specifica materia dell'accertamento ispettivo ogni qualvolta gli ispettori non abbiano espressamente delimitato, soggettivamente ed oggettivamente, l'accertamento ovvero non abbiano formulato specifiche riserve nel verbale” (Cfr. Trib. Ravenna, 15/09/2004).

La denuncia del lavoratore

Va infine richiamata l’attenzione sulla denuncia del lavoratore, poiché in presenza di tale presupposto la norma riconosce comunque all’amministrazione il potere di effettuare nuovi accertamenti, indipendentemente dalla sussistenza di eventuali condotte omissive e/o irregolari del datore di lavoro. In altre parole, tale denuncia, nel quale il soggetto riporta la narrazione di fatti riguardanti irregolarità contributive afferenti al rapporto di lavoro, determina per l’amministrazione la facoltà di esercitare il proprio potere repressivo anche rispetto a situazioni in precedenza vagliate dall’organo ispettivo, onde assicurare la tutela del fondamentale interesse pubblico al rispetto della legalità. Ne segue pertanto che un’eventuale denuncia circostanziata e dettagliata del lavoratore supera il c.d. effetto preclusivo posto dall’art. 3 comma 20 della L. 335 cit., con la conseguente legittimità del verbale avente ad oggetto posizioni in pregresso già verificate.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione dell’autore e non impegnano l’Amministrazione di appartenenza.

Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.

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