L'omessa dichiarazione si consuma dopo 90 giorni dal termine di pagamento

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Con sentenza n. 22045 del 10 giugno 2010, la Cassazione, Terza sezione penale, ha respinto il ricorso presentato da un uomo avverso la decisione con cui la Corte d'appello di Ancona lo aveva condannato per avere omesso, quale legale rappresentante di una S.r.l., di presentare la dichiarazione Iva al fine di conseguire l'evasione della relativa imposta per l'anno 2001.

In particolare, il ricorrente lamentava che mentre nell'originaria contestazione il reato era stato considerato consumato nel maggio 2002, data della prima scadenza, nella sentenza lo stesso era stato ritenuto commesso nell'ottobre 2002. Secondo la Corte, tuttavia, l'erronea indicazione nel capo di imputazione della data del 31 maggio non aveva comportato, nella vicenda in esame, alcuna lesione del diritto di difesa, posto che “la data di consumazione del reato è fissata direttamente dalla legge”; una volta contestato il delitto di omissione della dichiarazione annuale Iva per il 2001, era infatti facilmente desumibile la data di consumazione del reato.

L'omessa dichiarazione – precisano i giudici di legittimità - “è un delitto di pura omissione che si realizza con l'omessa presentazione di una delle dichiarazioni annuali relative o all'imposta sui redditi o a quella sul valore aggiunto e si consuma non nel momento in cui scade il termine per la presentazione fissato dalla norma tributaria ma, in virtù del decorso di 90 giorni dalla scadenza del termine previsto dalle leggi tributarie”. Qualora le scadenze siano diverse - continua la Corte - “si deve tener conto di quella che scade per ultimo”.
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