Nei confronti di chi deve essere contestata la violazione se l’illecito è commesso dal dipendente minorenne?

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Caio, amministratore unico di Beta, assume Tizio di anni diciassette e in regola con gli obblighi di formazione scolastica. Dopo la conclusione del contratto e nel corso dell’esecuzione del rapporto di lavoro, Tizio chiede a suo fratello Sempronio di aiutarlo una settimana a svolgere un’attività lavorativa urgente in favore dell’impresa Beta. Nell’occasione Tizio rassicura Sempronio di intercedere con l’amministratore unico Caio per ottenere la retribuzione correlata alla prestazione di lavoro svolta. Sennonché, in corso d’opera, Tizio e Sempronio vedono accedere nel luogo di lavoro gli ispettori della DTL, ai quali dichiarano che l’attività di Sempronio viene resa sulla base dell’accordo concluso con Tizio e che l’amministratore unico Caio non è al corrente di tale circostanza. Quali determinazioni possono assumere gli ispettori?




Premessa


Il sistema della L. n. 689 del 1981 preserva il principio della natura personale della responsabilità e disciplina i profili dell’imputabilità, dell’elemento soggettivo della violazione, delle cause di esclusione della responsabilità, del concorso di persone e della solidarietà in funzione di garanzia del credito vantato dalla Pubblica Amministrazione. Tendenzialmente ciascuno di questi istituti è stato affrontato con appositi contributi, mentre è mancante una trattazione specifica al tema dell’imputabilità.

L’imputabilità


L’art. 2 comma 1 della L. n. 689/1981 prevede testualmente che “
non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.

L’applicazione della sanzione amministrativa presuppone l’imputabilità del fatto. Quest’ultima costituisce una condizione personale del trasgressore ed è un requisito imprescindibile per valutare la colpevolezza del soggetto. In altri termini, affinché si possa formulare un giudizio di rimproverabilità nei confronti dell’autore della violazione occorre che il soggetto, al momento del fatto, possegga la capacità di intendere e di volere.

Al riguardo occorre distinguere la capacità naturale dalla capacità giuridica e dalla capacità di agire.

La capacità giuridica, d’agire e la capacità naturale


Mentre la capacità giuridica si acquista con la nascita e consiste nell’attitudine di un soggetto ad essere titolare di diritti e doveri, la capacità di agire si acquista al compimento del diciottesimo anno di età e si esprime nell’idoneità del soggetto a porre in essere atti giuridici validi.

Dalle due forme di capacità si distingue la capacità naturale con la quale si indica la consapevolezza da parte del soggetto nel cogliere il significato della realtà, nonché degli atti e degli eventi relativi. In sintesi la capacità naturale esprime la consapevole autodeterminazione del soggetto.

La responsabilità personale stabilita dalla L. n. 689 cit.

Ebbene, l’imputabilità nel sistema delineato dalla L. n. 689 cit. è assimilabile a quella prevista dal diritto penale, perché entrambe richiedono che il soggetto abbia la capacità naturale. Quest’ultima si ritiene per acquisita nel maggiorenne. Se tuttavia quest’ultimo dovesse risultare privo della capacità di discernimento al momento della commissione del fatto graverebbe sull’autore dell’illecito dimostrare che tale incapacità non sia dipesa da circostanze colpose o comunque preordinate a escludere l’imputabilità.
Il discorso cambia radicalmente per i minorenni
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Infatti l’art. 98 del c.p. rende potenzialmente imputabile l’ultraquattordicenne. La valutazione dell’imputabilità postula la formulazione di un giudizio concreto basato sulla capacità percettiva, volitiva e affettiva del minore, nonché sulla base dell’attitudine a percepire il disvalore etico sociale della condotta posta in essere. La Cassazione ha recentemente stabilito che “in tema di imputabilità del minore ultraquattordicenne, non è stabilita dalla legge alcuna presunzione, né di capacità né di incapacità, spettando all’accusa l’onere della prova della capacità, sia cognitiva che volitiva, dello stesso alla stregua di quanto previsto per tutti gli altri elementi del reato”.

Di contro il sistema disciplinato dalla L. n. 689 cit. esclude l’imputabilità dell’infradiciottenne, il quale, per l’effetto, viene presuntivamente considerato privo di capacità naturale e conseguentemente non assoggettabile a sanzione amministrativa.

L’orientamento della giurisprudenza


La giurisprudenza ha infatti stabilito che “l’imputabilità dell’autore della violazione costituisce presupposto indefettibile della responsabilità; pertanto il provvedimento di irrogazione della sanzione per violazione amministrativa emesso nei confronti di chi abbia un’età inferiore agli anni diciotto è del tutto improduttivo di effetti giuridici […]”. Ne segue che laddove il minorenne commetta illeciti amministrativi “[…] la contestazione della violazione deve avvenire nei confronti dei soggetti tenuti alla sorveglianza del minore con la redazione di apposito verbale di contestazione nei loro confronti, nel quale deve essere enunciato il rapporto intercorrente con il minore che ne imponeva la sorveglianza al momento del fatto e la specifica attribuzione ad essi della responsabilità per l’illecito amministrativo”. Ciò costituisce applicazione dell’art. 2, comma 2, della L. n. 689 cit. a mente della quale “[…] della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto”.

Si tratta del principio civilistico di cui all’art. 2048 c.c., che contempla la responsabilità dei genitori o dei tutori per fatti illeciti commessi da soggetti minorenni. Se poi tali minori vengano affidati a precettori, la responsabilità per gli illeciti commessi dal minorenne viene ascritta agli insegnanti ed è oggettivamente circoscritta al tempo in cui si sarebbe dovuto esercitare il potere di vigilanza da parte di questi ultimi.

L’applicazione di tali principi nel diritto del lavoro è sostanzialmente ripresa nell’art. 2, comma 1, della L. n. 689 cit. con la conseguenza che l’illecito commesso dal minore non può che essere imputato a colui che al momento era tenuto a esercitare il potere di vigilanza: la parte datoriale.

Le modalità di contestazione dell’illecito commesso dal minorenne


La Corte di Cassazione, sebbene si sia pronunciata per illeciti commessi in violazione di norme al D.lgs. n. 285/92 e s.m.i. (nuovo codice della strada) ha osservato che “colui che è tenuto alla sorveglianza dell’incapace (nella specie: minore degli anni 18) autore materiale della violazione amministrativa, ma non imputabile per legge, ne risponde in via diretta a norma del comma 2, dell’art. 2 l. n. 689 del 1981 e, pertanto, non può essere considerato persona estranea alla violazione medesima”. In tale caso la Corte ritiene condizione imprescindibile per l’irrogazione della sanzione ai soggetti responsabili della sorveglianza dell’infradiciottenne, l’immediata redazione del verbale sui fatti accertati e la successiva contestazione della violazione nei confronti dei detti soggetti in altro e apposito verbale, nel quale deve essere enunciato il rapporto intercorrente con il minore e la specifica attribuzione, ad essi, della responsabilità per l’illecito amministrativo. Ciò è vero per le violazioni previste dal D.lgs. n. 285 cit. mentre per le fattispecie sanzionatorie in materia lavoristica si ritiene che debba essere applicata la speciale disposizione di cui all’art. 33 della L. n. 183/10, rubricata “accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica” e il cui comma 4 prevede che “[…] alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all’ articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido […]”. In tale contesto, compete poi al datore fornire la prova liberatoria consistente nella dimostrazione, alquanto rigorosa, di avere impartito al minore un’istruzione conforme alle regole che governano la materia lavoristica, nonché di avere esercitato una vigilanza adeguata all’età, al carattere ed all’indole del dipendente minorenne. Alla luce di tali osservazioni si può ora passare ad esaminare il caso concreto.

Il caso concreto


Nei fatti risulta che Caio, amministratore unico di Beta, ha assunto Tizio di anni diciassette e in regola con gli obblighi di formazione scolastica. Dopo la conclusione del contratto e nel corso dell’esecuzione del rapporto di lavoro, Tizio ha chiesto a suo fratello Sempronio di aiutarlo una settimana a svolgere attività lavorativa urgente in favore dell’impresa Beta. Nell’occasione Tizio ha rassicurato Sempronio di intercedere con l’amministratore unico Caio per ottenere la retribuzione correlata alla prestazione di lavoro svolta da Sempronio. Sennonché, in corso d’opera, Tizio e Sempronio hanno visto accedere nel luogo di lavoro gli ispettori della DTL, ai quali hanno dichiarato che l’attività di Sempronio è stata resa sulla base dell’accordo concluso con Tizio e che l’amministratore unico Caio non sarebbe al corrente di tale circostanza. A rigore si dovrebbe ritenere che la prestazione di Sempronio sia resa in violazione della normativa sul lavoro sommerso e che pertanto risulti assoggettabile a maxi-sanzione per lavoro nero. Certo rimarrebbe da appurare a rigore la sussistenza di un effettivo rapporto di lavoro subordinato tra Sempronio e Beta; ma tale circostanza, alla luce dei (seppur discutibili) parametri forniti dalla circolare n. 38 del 2010 del Ministero del lavoro, sarebbe presunta in ragione dell’effettività della prestazione effettivamente eseguita da Sempronio in favore di Beta senza che il primo fosse titolare di partita iva. In ogni caso, al di là dell’applicazione o meno della maxi-sanzione, non pare dubitabile che nel caso sia riscontrabile una prestazione in nero, rilevante, a tacer d’altro, ai fini dell’applicazione della sospensione dell’attività di impresa ex art. 14 D.lgs. n. 81/08 e s.m.i.. Così come non appare dubitabile che tale illecito sia stato materialmente commesso da Tizio. Sennonché la minore età di quest’ultimo determina l’esclusione dell’imputabilità con la conseguenza che, in applicazione dell’art. 2 comma 2 della L. n. 689 cit., le sanzioni relative debbono essere applicate, con verbale unico di accertamento di cui all’art. 33 comma 4 della L. n. 183 cit., a Caio in veste di precettore e all’impresa Beta come obbligato solidale. A giudizio degli scriventi la circostanza che Caio fosse rimasto all’oscuro dell’accordo concluso tra Tizio e Sempronio può assumere rilevanza esimente nella misura in cui Caio dimostri di avere adottato misure organizzative tali da esaurire i propri doveri di vigilanza e diligenza e di aver fatto pertanto quanto era nelle proprie possibilità per evitare che Sempronio si inserisse, se non con condotta abnorme, nelle dinamiche organizzative e di lavoro di Beta.


NOTE

i Cass. pen. Sez. I, 05/05/2011, n. 33750.

ii Cass. civ. Sez. I, 24/11/1992, n. 12528.

iii Cass. civ. Sez. II Sent., 24-06-2008, n. 17189.

iv Cass. civ. Sez. III, 14/07/2000, n. 7268.

v Cass. civ. Sez. I, 26/03/2002, n. 4286; Cass. civ. Sez. II Sent., 24-06-2008, n. 17189.

vii Cass. civ. Sez. II Sent., 10-04-2008, n. 9435.

viii Cass. civ. Sez. I, 10/07/1996, n. 6302.

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