Non è estorsione l’assunzione “vincolata” di lavoratori

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16733 del 2010, riconosce che non commette reato di estorsione né di violenza privata l’imprenditore che subordina l’assunzione di ex dipendenti della ditta cui egli subentra, alla rinuncia delle pregresse retribuzioni maturate in capo al vecchio contratto di lavoro.

Secondo la Suprema corte, la pretesa non è condannabile in quanto rientra nella normale dialettica contrattuale in cui entrambe le parti cercano di ottenere le condizioni più favorevoli.

Il caso di specie riguarda il titolare di una ditta di pulizie che, vinto l’appalto di servizio con la PA, aveva posto come condizione per riassumere i lavoratori licenziati dalla precedente impresa appaltatrice proprio quella di rinunciare a qualunque pendenza (Tfr e ad altre spettanze retributive) dovuta dal precedente datore di lavoro. Secondo la Corte, la nuova impresa non è obbligata a subentrare nel rapporto di lavoro con continuità giuridica o ad assumere ex novo i lavoratori sentendosi obbligata a pagare le pendenze della precedente gestione, cosicché è accettabile un discorso di riassunzione “vincolata”.
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