Nuova procedura per le dimissioni. E’ necessaria la convalida

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Una delle novità della riforma del lavoro targata Fornero è la reintroduzione di una procedura, condizione di efficacia, per la convalida delle dimissioni del lavoratore e del recesso per mutuo consenso che intende contrastare la pratica delle c.d. “dimissioni in bianco”. Se ne occupa la legge n. 92/2012 ed è applicabile per le dimissioni presentate a partire dal 18 luglio 2012.

FINALITA' DELL'ISTITUTO

L'articolo 4, commi da 16 a 23, della Legge n. 92/2012, contenente la riforma del mercato del lavoro, è teso a porre un freno a forme di licenziamenti illegittimi – in particolare quelli discriminatori - tra i quali rientra l'uso delle dimissioni in bianco, che si sostanzia nella firma, da parte del lavoratore al momento dell'assunzione, di un foglio in bianco che sarà poi utilizzato per simulare le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, quando in effetti manca una giusta causa o un giustificato motivo per licenziare.

La costruzione della nuova disposizione evidenzia la necessità di dare maggior tutela alla effettiva volontà del lavoratore di cessare il rapporto lavorativo. La modifica in questione comporta che l'atto dimissionario non possa più rientrare tra i negozi unilaterali ricettizi (per i quali l'atto produce effetti quando giunge a conoscenza del destinatario).

Le novità trovano applicazione in caso di dimissioni presentate a partire dal 18 luglio 2012.

PRECEDENTI DISPOSIZIONI

La legge n. 92/2012 prevede dei passi prestabiliti ai quali condiziona l'efficacia delle dimissioni.

Si ricorda che già nel 2007 – legge n. 188 – vi è stato un primo intervento legislativo per combattere il fenomeno delle dimissioni in bianco: in quell'ambito fu disposta la forma scritta delle stesse attraverso la compilazione di un modulo ministeriale. Presto, però, la pratica fu eliminata, con legge n. 133/2008, a causa della poca praticità procedurale.

In effetti, il codice civile, articolo 2118, ha lasciato libera da qualsiasi forma la modalità delle dimissioni del lavoratore, ammettendo anche l'efficacia delle dimissioni verbali. Ciò però ha dato spazio al deprecabile uso di cui sopra.

Ora con la riforma Fornero è stata nuovamente prevista una procedura diretta a convalidare la volontà di risolvere, per il prestatore, il rapporto di lavoro.

E' necessario precisare che non si è inteso introdurre la forma scritta per il caso di dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ma solo un obbligo di procedura.

LA PROCEDURA DI CONVALIDA

Il comma 17 dell'articolo 4, della legge citata così dispone:

 “... l'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida...”

Pertanto, l'atto della convalida rappresenta una condizione indispensabile per l'efficacia della risoluzione del rapporto. Le dimissioni, finchè non interviene la convalida, devono intendersi sospese.

La legge individua due percorsi alternativi attraverso cui procedere alla convalida:

1. rivolgendosi alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio (Dtl) o presso i Centri per l'impiego competenti (Cpi) o sedi sindacali (la Dpl Bari ha precisato che competenti sono quelle nel cui ambito rientra il luogo di residenza del lavoratore);

2. con la sottoscrizione, da parte del lavoratore, di un'apposita dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione al Cpi della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (Unilav).

NOTE

Circa l'operatività della convalida, la circolare n. 18 del 18 luglio 2012, emanata dal ministero del Lavoro, precisa che non deve essere attivata la procedura della convalida qualora la cessazione del rapporto di lavoro ricade nell’ambito di procedure di riduzione del personale svolte in una sede qualificata istituzionale o sindacale (ad esempio commissione provinciale di conciliazione, sede sindacale, sede giudiziale), perché tali sedi offrono valide garanzie circa la reale volontà del lavoratore.

Sulle modalità della convalida da operare presso le Dtl, sempre la nota ministeriale afferma che i funzionari preposti devono limitarsi “a raccogliere la genuina manifestazione di volontà del lavoratore a cessare il rapporto di lavoro”


Altre modalità, tese a semplificare la verifica della veridicità delle dimissioni, potranno essere individuate con decreto ministeriale anche in funzione dell’evoluzione dei mezzi tecnologici e informatici in materia di comunicazioni obbligatorie.

Dunque, se il lavoratore non provvede autonomamente alla convalida delle dimissioni, il datore di lavoro non deve rimanere inerte ma è tenuto ad attivarsi – anche immediatamente dopo aver ricevuto le dimissioni - inviando al domicilio del lavoratore (con raccomandata A/R) o consegnando a mano (con sottoscrizione per ricevuta), entro il termine di 30 giorni dalle dimissioni o dalla risoluzione consensuale, la comunicazione contenente l’invito a comparire accompagnata alla ricevuta di trasmissione dell'Unilav.

Dalla ricezione di tale comunicazione, decorrono 7 giorni – si precisa, di calendario – entro cui il lavoratore può recarsi alle sedi competenti per la convalida oppure firmare la dichiarazione in calce alla sottoscrizione.

La norma stabilisce che, in assenza della convalida o della sottoscrizione, la mancata comunicazione, nel termine di 30 giorni dalla data delle dimissioni, dell'invito da parte del datore di lavoro comporta che le dimissioni non producono effetti. 

Invece, il mancato accoglimento del lavoratore dell'invito del datore di lavoro, ossia l’inattività del dimissionario, produce la risoluzione in via definitiva del rapporto di lavoro.

REVOCA DELLE DIMISSIONI

Nei 7 giorni concessi al lavoratore per ottemperare alla convalida, è possibile che il prestatore abbia un ripensamento e decida di revocare le proprie dimissioni.

Circa la comunicazione relativa alla volontà di ritirare le dimissioni, il comma 21 dell'articolo 4 non impone una vera e propria forma scritta affermando che “La revoca può essere comunicata in forma scritta”. Ma, al fine di evitare dubbi sull'effettiva volontà del prestatore ed evitare contenziosi, è consigliabile mettere la revoca per iscritto.

Gli effetti della revoca sono che:

-> se il contratto di lavoro si è interrotto per effetto del recesso, dal giorno successivo alla comunicazione della revoca lo stesso torna ad avere corso normale;

-> per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo.

Il legislatore ulteriormente precisa che la revoca del recesso lavorativo comporta la cessazione di  ogni accordo legato ad esso e l'obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esso.

DIMISSIONI PRESENTATE DALLA LAVORATRICE IN GRAVIDANZA

La legge di riforma del mercato del lavoro - comma 16, articolo 4 - ha apportato modifiche anche alla disciplina, ex comma 4, articolo 55, T.U. sulla maternità e paternità (Dlgs 151/2001), delle dimissioni presentate dalle lavoratrici madri, durante il periodo tutelato dalla norma ossia durante la gravidanza o i primi anni di vita del bambino.

Anche in questa fattispecie, le disposizioni si rendono applicabili ai casi di  risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

La novità riguarda l'estensione da uno a tre anni di vita del bambino (o di accoglienza del minore adottato o dell'affidamento, anche  internazionale) del periodo entro il quale le dimissioni della lavoratrice o del lavoratore devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro per poter acquisire efficacia.

Viene opportunamente specificato che la convalida costituisce condizione sospensiva per l'efficacia della cessazione del rapporto di lavoro.

SANZIONE PER LE DIMISSIONI IN BIANCO

In ogni caso, in presenza di “dimissioni in bianco”, salvo che il fatto non costituisca reato, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a 30.000; inoltre le dimissioni non interrompono il rapporto di lavoro.
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