Conducente commette infrazione? No alla condanna penale senza la prova del nesso

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Conducente commette infrazione? No alla condanna penale senza la prova del nesso

La Cassazione sulla responsabilità per omicidio conseguente a sinistro stradale

E’ stata annullata dalla Corte di cassazione la condanna impartita per omicidio colposo ad un uomo coinvolto in un sinistro stradale da cui era derivata la morte di un altro conducente, ritenuto, quest’ultimo, il principale responsabile dell’incidente.

La colpevolezza dell’imputato era stata fatta discendere dal fatto che, in violazione delle norme sulla circolazione stradale, non aveva circolato in prossimità del margine destro della carreggiata, nel momento in cui l’altro automobilista, che proveniva dal senso opposto di marcia e stava intraprendendo il sorpasso di altra autovettura, aveva oltrepassato la linea continua di mezzeria invadendo parzialmente l'altrui corsia di marcia, scontrandosi con la fiancata sinistra del primo, per poi imbattersi anche contro altre auto che, nel frattempo, transitavano sulla strada.

L'imputato - la cui percentuale di responsabilità era stata individuata nel 20 per cento, mentre la concorrente colpa della medesima vittima nell'80 per cento - era stato condannato a sei mesi di reclusione, con la pena accessoria della sospensione della patente di guida per due mesi, nonché, in solido con il responsabile civile, a risarcire i genitori della vittima, costituiti parte civile, dei danni agli stessi cagionati.

Condanna annullata perché il fatto non costituisce reato

Contro questa decisione, confermata anche in secondo grado, lo stesso aveva avanzato ricorso per cassazione lamentando la carenza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione in punto di accertamento del fatto che gli era stato attribuito e di pronuncia sulla colpevolezza.

Motivi, questi, ritenuti fondati dalla Suprema corte con la sentenza n. 50024 del 30 ottobre 2017, con cui, come detto, la condanna è stata annullata “perché il fatto non costituisce reato”.

Principio della causalità della colpa, da dimostrare il nesso causale con l’evento

Nel corpo della motivazione, gli Ermellini hanno ribadito il principio della "causalità della colpa", ai sensi del quale il mancato rispetto della regola cautelare di comportamento da parte di uno dei soggetti coinvolti in una fattispecie colposa non è di per sé sufficiente per affermarne la responsabilità concorrente per l'evento dannoso verificatosi, se non si dimostri l'esistenza in concreto del nesso causale tra la condotta violatrice e l'evento.

Per come ripetutamente ricordato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione – si legge nel testo della decisione - in materia di incidenti da circolazione stradale e anche nelle specifiche ipotesi in cui sia contestato un omicidio colposo, l'accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di uno degli utenti della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti di comune prudenza non può di per sé far presumere l'esistenza della causalità tra il suo comportamento e l'evento dannoso.

Quest’ultimo, infatti, va sempre provato e si deve escludere quando sia dimostrato, come nella specie, che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa.

Per la Corte, il principio dell'affidamento trova, in tema di circolazione stradale, un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità.

Nella specie, andava concluso che il gravissimo incidente era stato provocato esclusivamente dalla pericolosissima condotta di guida della persona offesa, posto che lo stesso si sarebbe verificato anche se l’imputato avesse strettamente circolato sul margine destro della carreggiata.

Del resto – ha precisato altresì la Corte - gli articoli 142 e 143 del Codice stradale costituiscono norme di carattere cautelare con la finalità di garantire un’andatura corretta e regolare nell’ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono e “non sono sicuramente intesi ad evitare il rischio determinato dall'improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dal senso opposto, in spregio di limiti di velocità, divieto di sorpasso e di corretta tenuta dei fari”.

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