Prima “voucherista” e poi tirocinante: l’ombra dell’elusione

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Prima “voucherista” e poi tirocinante: l’ombra dell’elusione

Il tirocinio: aspetto generali

Il tirocinio consiste in un periodo di orientamento al lavoro e di formazione, non configurandosi come un rapporto di lavoro subordinato. L’art. 11 comma 1 del D.L. n. 138/11 conv. in L. n. 148/11 inerente ai “livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini” disponeva tra l’altro sui requisiti che dovevano essere posseduti dai soggetti interessati a promuovere i tirocini formativi e di orientamento. La Corte Costituzionale con sentenza n. 287/12 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 11 per contrasto con l’art. 117 comma IV della Costituzione sull’assunto per cui la normativa statale invadeva un territorio di competenza normativa delle Regioni.
La Legge 92/2012 ha demandato alle Regioni e alle Province Autonome la definizione di linee guida finalizzate a stabilire degli standard minimi uniformi da osservare per l’attivazione dei tirocini ed evitare conseguentemente un uso distorto e illegittimo di tali tipologie formative.
Il 24 gennaio 2013 la Conferenza Unificata Stato, Regioni e Province Autonome ha adottato le “Linee-guida in materia di tirocini”. Tale provvedimento, che è stato recepito dalle normative regionali, si applica in particolar modo ai tirocini formativi e di orientamento di natura extracurriculare.
Invero i tirocini possono suddividersi in due sotto-categorie:

  1. tirocini c.d. curriculari che vengono inclusi nei piani di studio delle università e delle scuole, onde creare un’alternanza scuola-lavoro, che permetta agli studenti di affinare il processo di apprendimento e di formazione;
  2. tirocini non curriculari, altrimenti detti formativi e di orientamento, che sono svolti in favore di giovani, onde consentire a costoro di avere, durante il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, un contatto concreto e diretto con le realtà aziendali nell’ambito delle quali poter maturare esperienza in specifici settori professionali. In tale insieme rientrano anche i tirocini di inserimento o reinserimento lavorativo, che sono svolti in favore di una platea di soggetti con difficoltà di collocazione nel mercato del lavoro.

L’attivazione del tirocinio coinvolge tre soggetti:

  1. soggetti promotori, previamente individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, quali soggetti pubblici e privati, autorizzati o accreditati, che possono promuovere i tirocini;
  2. datori di lavoro, pubblici e privati, che ospitano i tirocinanti all’interno dell’azienda, non necessariamente organizzate in forma di impresa ai sensi dell’art. 2082 c.c.;
  3. tirocinanti, i quali sono tutti coloro che aderiscono all’offerta formativa e che abbiano assolto all’obbligo scolastico.

Per realizzare un tirocinio formativo è necessaria una convenzione tra l’ente promotore e il soggetto ospitante, corredata da un progetto formativo redatto dal soggetto ospitante e dal tirocinante.
Al tirocinante è garantita la copertura assicurativa contro gli infortuni (INAIL) e per responsabilità per danni verso terzi.
Al fine di evitare un uso distorto del tirocinio è previsto il riconoscimento di un’indennità minima per le attività svolte dal tirocinante, non inferiore a 300 euro lordi mensili; somma elevabile dalle normative regionali. L’omessa corresponsione dell’indennità è presidiata da sanzione amministrativa.
Tra le forma distorsive all’utilizzo del tirocinio potrebbe essere annoverata quella di far precedere tale istituto formativo dall’utilizzo dei voucher o dei buoni lavoro, di cui all’art. 48 del D.lgs. n. 81/2015 (c.d. Jobs Act)

Il lavoro accessorio: aspetto generali

Gli artt. 48 e ss. del D.lgs. 81 cit. hanno confermato l’assenza nel rapporto de quo della caratteristica dell’occasionalità e conseguentemente la possibilità di usare tali prestazioni per qualsiasi tipo di attività e in tutti i settori produttivi. Il D.lgs. n. 81 cit. ha rivisto i parametri economici e temporali per la fruizione dei voucher, elevando a €. 7.000,00 il compenso massimo fruibile dal lavoratore per anno civile e fissando in €. 2.000,00 (sempre per anno civile) il limite economico erogabile da ciascun committente in favore del medesimo lavoratore.
Ebbene le imprese, per saggiare la capacità e l’affidabilità del lavoratore, potrebbero occupare quest’ultimo, non con una forma contrattuale recante il patto di prova, ma mediante il lavoro occasionale. Tale forma di impiego verrebbe utilizzata fino alla soglia economica massima di €. 2.000,00, oltre la quale la permanenza del lavoratore, a costi significativamente ridotti, verrebbe garantita attraverso un contratto di tirocinio, di durata semestrale. Ben si comprende che in tale evenienza l’azienda conseguirebbe un significativo risparmio economico, perché continuerebbe ad avvalersi della prestazione del medesimo lavoratore senza tuttavia sopportare i costi di un ordinario rapporto di lavoro e limitandosi ad elargire il ridotto indennizzo economico di cui all’art. 1 comma 34 lett. d) della L. n. 92/12. L’operazione potrebbe addirittura risultare “a costo zero” qualora il tirocinio venga attivato nell’ambito del progetto “Garanzia giovani”, in cui l’indennizzo al tirocinante viene erogato non dall’azienda ospitante ma dall’Istituto previdenziale.

Tirocinio, voucher e negozio in frode alla legge

Ci si chiede allora se la successione del rapporto di tirocinio al lavoro accessorio possa configurare o meno una violazione dell’art. 1344 c.c., nel momento in cui lo scopo orientativo tipizzante l’istituto de quo venga disatteso in ragione della pregressa prestazione accessoria resa da lavoratore.
Secondo tale prospettiva la circostanza che il lavoratore, precedentemente all’attivazione del tirocinio, abbia intrattenuto con la medesima impresa un rapporto, ancorché precario di lavoro, consentirebbe comunque al predetto prestatore di acquisire una conoscenza diretta dell’azienda e di maturare conseguentemente un’esperienza occupazionale, che mal si concilierebbe con la finalità di inserimento lavorativo sottesa al tirocinio.
Le legislazione regionale sui tirocini: il caso dell’Umbria 
Per vero, onde evitare siffatti fenomeni, alcune normative regionali precludono alle imprese la possibilità di instaurare rapporti di tirocinio con soggetti precedentemente occupati nella propria organizzazione aziendale. È il caso della direttiva tirocini emanata dalla Regione Umbria. L’art. 4 comma 8 di tale provvedimento stabilisce che “in ogni caso fra il tirocinante ed il soggetto ospitante non devono risultare, nei sei mesi precedenti l’attivazione della misura, contratti di lavoro subordinato o rapporti di lavoro autonomo e/o parasubordinato”.

La posizione dell’INPS

Al riguardo è stato osservato che non si configurerebbe alcuna violazione della citata disciplina, atteso che il lavoro mediante voucher si risolverebbe in prestazioni di lavoro di tipo accessorio, la cui peculiarità consisterebbe nell’essere svolte in maniera discontinua e saltuaria senza possibilità o necessità quindi di ricondurre il rapporto nell’alveo del lavoro subordinato o autonomo o parasubordinato (Circolare INPS n. 44 del 24/03/09; Circolare INPS n. 88 del 09/07/09; Circolare INPS n. 17 del 03/02/2010). Il corollario di tale assunto sarebbe quello per cui la prestazione mediante voucher, proprio perché non tipizzabile in forme di lavoro subordinate autonome e/o parasubordinate, non si porrebbe in conflitto con la finalità orientativa e formativa del tirocinio e quindi non osterebbe alla possibilità per il lavoratore di maturare, alla scadenza del termine di validità del buono lavoro, siffatta esperienza occupazionale.
Sennonché tale prospettazione non appare persuasiva.

Spunti critici

Va premesso che de iure condito l’accessorietà non costituisce coelemento della fattispecie tipizzata dall’art. 48 del D.lgs. n. 81 cit. (nella quale assume rilevanza esclusivamente il rispetto delle soglie economiche testé descritte e temporali di validità del buono, queste ultime contenute in trenta giorni), né un criterio atto a fondare di per sé un tertium genus rispetto all’autonomia e alla subordinazione. La saltuarietà della prestazione infatti rileva tutt’al più come un dato fattuale che denota, sul piano sociologico, una precarietà dell’occupazione del lavoratore, ma è non è in grado di assurgere a una dimensione organica tale da tipizzare una categoria autonoma difforme dal binomio subornazione e autonomia, nell’ambito del quale va ricondotta ogni attività umana economicamente rilevante (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 02/05/2012, n. 6643).
Vero è piuttosto che la discontinuità della prestazione è stata ritenuta compatibile con l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro, e quindi con la natura subordinata del rapporto di lavoro (Cass. civ. Sez. lavoro, 10/07/1999, n. 7304; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 07/01/2009, n. 58), al punto da conformare normativamente la stessa struttura del lavoro intermittente o a chiamata, quale sottotipo del lavoro subordinato.
Se ciò è vero allora va da sé che le prestazioni accessorie di cui all’art. 48 del D.lgs. n. 81 cit. costituiscono pur sempre una forma di lavoro, autonoma o subordinata, la cui esecuzione, quantomeno nel semestre precedente all’attivazione del tirocinio, precluderebbe all’impresa di concludere, con il medesimo prestatore, rapporti di stage volti a canalizzare quest’ultimo nel mondo del lavoro . Le conseguenze correlate a una simile ipotesi non potrebbero che essere quelle descritte nella circolare n. 24 del 2011 del Ministero del Lavoro e al punto 14 delle Linee guida: riqualificazione del tirocinio in ordinario rapporto di lavoro subordinato e consequenziale applicazione delle relative sanzioni amministrative (consegna lettera di assunzione, registrazione nel LUL e invio della comunicazione UNILAV).

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale

 

 

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