Ricorso in commissione contro gli atti istruttori

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Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 6315 del 16 marzo 2009, hanno fissato i limiti della giurisdizione tributaria. I giudici di legittimità, confermando la pronuncia del Consiglio di Stato che aveva dichiarato l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione, del ricorso del contribuente contro gli ordini di verifica emessi da un ufficio ispettivo delle Entrate, hanno sostenuto che accessi, ispezioni e verifiche fiscali possono essere contestati dinanzi alle Commissioni tributarie, ma solo dopo che è stato notificato l’avviso di accertamento. La valutazione dell’autorità giudiziaria non costituisce esercizio di un potere discrezionale né può ledere il diritto alla difesa del contribuente, che può ricorrere contro il provvedimento conclusivo dell’accertamento. La giurisdizione del giudice tributario può estendersi a tutte le controversie che attengono all’esistenza o all’entità dell’obbligazione tributaria e che non hanno per oggetto solo gli atti finali di imposizione, ma tutte le fasi che hanno portato alla loro formazione. L’irregolarità formale o sostanziale di un atto istruttorio può determinare l’annullamento di quello finale impugnato e i vizi riguardanti gli atti istruttori possono essere eccepiti solo con la contestazione della pretesa che pone fine al procedimento. Infine, gli atti istruttori lesivi dei diritti soggettivi del contribuente, una volta concluso l’accertamento, sono autonomamente impugnabili davanti al giudice ordinario.
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