Riforma processo penale. Massimario di Cassazione sulla nuova prescrizione

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Riforma processo penale. Massimario di Cassazione sulla nuova prescrizione

Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione sulle novità normative introdotte con la recente riforma del processo penale di cui alla Legge n. 134/2021.

Legge, si rammenta, recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” e finalizzata alla semplificazione, razionalizzazione e speditezza del processo penale.

Lo scopo del contributo del Massimario - Relazione n. 60 del 3 novembre 2021 - è quello di offrire un primo commento alle misure di cui all’art. 2 della Legge, con peculiare attenzione alle modifiche introdotte nella disciplina della prescrizione e alla nuova disciplina dei termini di durata del giudizio di impugnazione.

Prescrizione, la soluzione adottata dal legislatore

In primo luogo, viene ricordata la soluzione adottata, in materia, dal legislatore, a completamento della riforma sulla prescrizione già avviata nel 2019.

Da una parte, è confermata la regola secondo cui il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna, dall’altra, è introdotto l’istituto della improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.

Le nuove norme, così, introducono dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione individuati, rispettivamente:

  • in 2 anni per l’appello;
  • in un anno per il giudizio di cassazione.

La mancata definizione del giudizio entro tali termini costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale.

Penale: nuove regole sulla prescrizione dal 2020

Per le nuove norme in materia di improcedibilità è espressamente previsto un periodo transitorio sui tempi dei processi: esse saranno applicabili solo nei procedimenti di impugnazione per reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020, vale a dire dalla data di entrata in vigore della Legge n. 3/2019 che aveva, appunto, previsto la sospensione della prescrizione dalla pronuncia della sentenza di primo grado o dell’emissione del decreto penale di condanna per tutta la durata del giudizio di impugnazione.

Per quel che riguarda, invece, le norme in tema di prescrizione la Relazione rileva la mancanza di un’analoga disposizione di diritto intertemporale, cosicché potrebbe discutersi sul loro regime temporale di applicabilità.

Nel segnalare queste problematiche, il documento del Massimario rammenta le coordinate ermeneutiche recentemente tracciate dalla giurisprudenza della Corte costituzionale: il dies a quo di applicabilità dell’istituto della cessazione del corso della prescrizione potrebbe individuarsi considerandone il rapporto di continuità normativa con l’omologa causa di sospensione legata alla sola pronuncia della sentenza di primo grado introdotta nel 2019.

Da tale premessa ermeneutica e dalla identità strutturale dei due istituti, sembrerebbe coerente ritenere che l’istituto della cessazione del corso della prescrizione debba trovare applicazione, non dalla data di entrata in vigore della legge in commento, bensì, al pari della omologa causa di sospensione, in relazione ai reati commessi dal 1° gennaio 2020.

Alla luce di questa lettura, le nuove disposizioni si applicherebbero anche ai reati tributari commessi con le dichiarazioni presentate nel 2020 e relative al periodo di imposta 2019.

Improcedibilità applicabile anche alle imprese

La relazione, tra gli altri aspetti, si sofferma sull’incidenza della riforma rispetto al sistema della prescrizione nella responsabilità da reato degli enti.

Nello scritto, viene operata una valutazione su quali siano le conseguenze derivanti dall’introduzione della causa di improcedibilità legata alla durata delle fasi di impugnazione.

L’improcedibilità dell’azione – si legge nella Relazione - proprio perché formalmente costruita come istituto processuale, sarebbe immediatamente applicabile anche al processo a carico degli enti, stante il richiamo previsto dall’art. 34 del D.lgs. n. 231/2001 che, pur con la clausola di salvaguardia della verifica di compatibilità, estende le norme del codice di rito all’accertamento dell’illecito amministrativo.

Per il Massimario, del resto, “ipotizzare che l’improcedibilità ex art. 344-bis cod. proc. pen. non operi con riguardo all’illecito dell’ente comporterebbe che tale soggetto processuale, a differenza dell’imputato, si vedrebbe esposto ad una durata non preventivabile del giudizio”.

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