Rimborso Irap: spetta al professionista provare la non imponibilità

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Con ordinanza depositata lo scorso 13 agosto, la n. 18704, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate avverso la decisione con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva aderito alle ragioni di una professionista contro il silenzio – rifiuto serbato dall'amministrazione nei confronti della sua richiesta di rimborso dell'Irap. 

L'Agenzia, nell'adire i giudici di legittimità, aveva censurato la sentenza di merito sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, assumendo che la stessa aveva affermato l'inesistenza del requisito dell'autonoma organizzazione in capo alla professionista senza dare conto della circostanza, evidenziata dall'Ufficio, che nelle dichiarazioni dei redditi della contribuente erano esposte spese di non esiguo ammontare. 

 Motivo, questo, ritenuto fondato dalla Suprema corte la quale, dopo aver precisato come, in tema di Irap, “costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle predette condizioni”, ha sottolineato che, nel caso in esame, il Collegio di merito non aveva spiegato l'iter logico sulla base del quale era pervenuto al giudizio di non imponibilità né mostrato di tenere in alcun conto “gli elementi, pur significativi, evidenziati dall'Ufficio”.
Anche in
  • ItaliaOggi, p. 23 – Costi deducibili? L'Irap è dovuta – Alberici

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