Spetta al tribunale pesare la giusta causa

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Con sentenza 25886 del 2008 la Corte di cassazione stabilisce che il dipendente costretto alle dimissioni dall’atteggiamento ostile del datore di lavoro ha diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso. L’onere della prova che le dimissioni sono state rassegnate in assenza di giusta causa è a carico dell’imprenditore. La causa vedeva un procacciatore di clienti che era stato costretto a dimettersi per giusta causa poiché l’azienda per cui lavorava lo aveva esposto senza alcun preavviso ad un procedimento penale per aver effettuato telefonate personali dopo l’orario lavorativo stabilito. Ma, poi, in giudizio d’appello, vista la particolarità dell’attività del dipendente, i giudici hanno ritenuto che tali telefonate fossero fisiologiche al lavoro svolto. Il datore avrebbe dovuto controllare i numeri chiamati e la durata delle conversazioni e non limitarsi alla quantificazione del numero delle chiamate. Inoltre, il comportamento corretto del datore doveva prevedere il ricorso all’autotutela, ossia trattenere dalla retribuzione quanto ritenuto non dovuto. La Corte, dunque, ha bocciato il ricorso del datore di lavoro in ordine all’accertamento delle risultanze istruttorie in quanto la valutazione degli elementi probatori è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento.
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