Start up, le immobilizzazioni immateriali tra i requisiti oggettivi

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Start up, le immobilizzazioni immateriali tra i requisiti oggettivi

Il Ministero dello Sviluppo economico, con il parere n. 155175 del 3 settembre 2015, chiarisce che le immobilizzazioni immateriali, rientrando tra le attività di ricerca e sviluppo che fanno ottenere il requisito ai fini del riconoscimento di PMI innovative, per similitudine sono annoverabili anche tra i requisiti oggettivi delle start up innovative.

Il comma 1, lettera e), n. 1) dell'art. 4, del D.L 3/2015 (Investment Compact) specifica che il requisito oggettivo è soddisfatto, se il “volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione della PMI innovativa. Dal computo per le spese in ricerca, sviluppo e innovazione sono escluse le spese per l'acquisto e per la locazione di beni immobili; ...” Dunque, l'unica esclusione espressa è relativa ai beni immobili, per il resto sembrerebbe dedursi che ogni spesa per ricerca e sviluppo sia da considerarsi rilevante ai fini di quanto la norma richiede.

In proposito, è ricordato che: le immobilizzazioni immateriali, secondo la definizione della norma contabile OIC 24, sono normalmente caratterizzate dalla mancanza di tangibilità: per questo vengono definite “immateriali”. Consistono in costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi. Sono costituite da: oneri pluriennali, beni immateriali, avviamento, immobilizzazioni immateriali in corso e acconti.

In merito al parere Mise n. prot. 155183 del 3 settembre 2015, già trattato, una lettura attenta evidenzia che, sebbene la volontà insita nella disposizione del legislatore - contenuta nelle cause che non permettono di registrare una start up, ex articolo 25, comma 2, lett. g) del D.L. 179 del 2012 (“g) non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda”) - è quella di evitare che si creino delle start up innovative frutto di spin-off di precedenti esperienze consolidate, che non avrebbero i requisiti di fondo che il legislatore lega alla figura della start up stessa, l’affitto dell’azienda o di un suo ramo, tuttavia, non rientrando tra i requisiti espressi che ostacolano la registrazione come start up, non ostano alla stessa. La cessione e l'affitto non sono la stessa cosa: l’art. 2556 del Codice civile accomuna le due fattispecie (cessione ed affitto) in unica norma, ma tale confusione è circoscritta solo ai fini della forma e della pubblicità dei relativi contratti. Sotto il profilo sostanziale, l’art. 2562 del Codice civile, li distingue e separa.

In sostanza, la mancata menzione dell’affitto d’azienda o ramo d’azienda tra le cause di esclusione della qualifica di start-up rappresenta un'eccezione operata dal legislatore che consente l’iscrizione della società nella categoria delle start-up innovative.

Nel caso prospettato, è ammissibile la richiesta di iscrizione come start-up innovativa della società che affitta un’altra azienda o un ramo d'azienda, anche se è quest'ultima che ha il “core business” dell’iniziativa imprenditoriale.

Links Anche in
  • ItaliaOggi, p. 28 - E’ innovativo chi investe - De Stefanis

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