Telefisco 2025: chiarimenti su rimborso IVA e tassazione auto elettriche
Pubblicato il 07 febbraio 2025
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Nel febbraio 2025 si è tenuta la consueta edizione di Telefisco, il convegno annuale sulle principali tematiche fiscali e del lavoro. L’evento ha visto la partecipazione di rappresentanti del Governo, dell'Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza e di esperti del settore, con l’obiettivo di fornire chiarimenti su questioni di rilievo in ambito tributario e normativo.
Tra i temi affrontati, di particolare interesse per imprese e professionisti, spiccano la sospensione dei rimborsi IVA in presenza di un Processo Verbale di Constatazione (PVC) e la tassazione dei rimborsi per le spese di ricarica delle auto elettriche assegnate ai dipendenti.
Di seguito, un approfondimento sui principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in merito a questi argomenti.
Rimborso IVA sospeso in presenza di PVC
Il 5 febbraio 2025, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti riguardanti la sospensione dei rimborsi IVA in presenza di un PVC. In particolare, è stato precisato che, ai sensi dell'articolo 23 del Decreto Legislativo n. 472/1997, la sospensione dei rimborsi può essere applicata non solo in presenza di atti di contestazione o di irrogazione di sanzioni, ma anche sulla base di un semplice PVC notificato al contribuente.
Ciò significa che il PVC costituisce un elemento sufficiente per giustificare la sospensione del rimborso IVA, in quanto rientra tra i "carichi pendenti" che l'Amministrazione Finanziaria considera per adottare tale misura. Tuttavia, tale interpretazione ha sollevato numerosi dubbi e perplessità, in quanto la normativa vigente non menziona esplicitamente il PVC tra gli atti idonei a giustificare la sospensione.
Normativa di riferimento
La sospensione del rimborso dell’IVA in presenza di contestazioni fiscali è regolata dall’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 472/1997, il quale stabilisce che il rimborso può essere sospeso solo in presenza di specifici atti notificati al contribuente, ovvero:
- un atto di contestazione di una violazione;
- un atto di irrogazione di sanzioni;
- un provvedimento che accerta maggiori tributi, anche se non ancora definitivo.
Fino al 31 dicembre 2015, la norma prevedeva la sospensione del rimborso IVA esclusivamente nel caso in cui si fosse verificate una delle suddette ipotesi nei confronti del contribuente.
Successivamente, con il Decreto Legislativo n. 158/2015, il legislatore ha ampliato la portata dell’articolo 23, includendo tra gli atti idonei a giustificare la sospensione qualsiasi provvedimento con cui vengono accertati maggiori tributi. Questa modifica ha introdotto una maggiore discrezionalità per l’Amministrazione finanziaria, consentendole di sospendere i rimborsi non solo in presenza di atti sanzionatori, ma anche di atti di accertamento vero e proprio.
Nonostante la normativa stabilisca chiaramente che la sospensione dei rimborsi è consentita solo in presenza di un atto di contestazione, di irrogazione delle sanzioni o di un provvedimento che accerti maggiori tributi, alcuni uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno iniziato ad estendere tale facoltà anche ai PVC. Questa prassi si basa su una circolare del 1993 (n. 19/E), che tuttavia è antecedente alle modifiche normative del 1997 e del 2015, creando così un’incertezza interpretativa tra gli operatori del settore.
Di qui, il dubbio interpretativo se fosse legittima la sospensione del rimborso IVA basata solo su un PVC, senza un atto di contestazione o di accertamento.
Interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
L'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, sebbene il PVC non sia un atto impositivo definitivo, può comunque costituire un elemento sufficiente per la sospensione del rimborso IVA, in quanto rientrerebbe tra i carichi pendenti considerati rilevanti dall'Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, questa interpretazione non trova un riscontro esplicito nella normativa attuale, generando un potenziale rischio di contenzioso tra contribuenti e Amministrazione fiscale.
Questa posizione è stata contestata da esperti del settore per diversi motivi:
- Il PVC non è un atto impositivo, bensì un documento che raccoglie rilievi e osservazioni della Guardia di Finanza, che non si traducono automaticamente in un obbligo di versamento o in un accertamento di maggiori tributi.
- La circolare del 1993 è antecedente alla normativa del 1997 e alle sue modifiche del 2015, che disciplinano espressamente quali atti possono giustificare la sospensione dei rimborsi.
- Se il legislatore avesse inteso includere i PVC tra gli atti sospensivi, lo avrebbe esplicitato nelle modifiche legislative, cosa che non è avvenuta.
- La prassi adottata dall’Agenzia comporta notevoli ritardi nel riconoscimento dei rimborsi IVA per i contribuenti, in quanto spesso trascorrono anni prima che gli uffici emettano un atto di accertamento successivo al PVC.
L'osservazione è che l'impostazione dell'Agenzia, pur basandosi su una circolare di oltre trent’anni fa, non è espressamente prevista dalla normativa attuale e potrebbe generare contenziosi tra i contribuenti e l’Amministrazione finanziaria, con il rischio di ulteriori ritardi nei rimborsi e maggiore incertezza nel rapporto tra Fisco e imprese.
Auto elettriche aziendali: rimborsi ricarica tassati
Durante Telefisco 2025, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta su un altro tema di grande rilevanza per imprese e lavoratori, fornendo chiarimenti in merito alla tassazione dei rimborsi riconosciuti ai dipendenti per la ricarica delle auto elettriche aziendali assegnate in uso promiscuo.
Il quesito posto mirava a capire se tali rimborsi potessero essere equiparati al rimborso carburante per i veicoli a motore endotermico, che non genera ulteriore imponibile oltre al fringe benefit calcolato con le tabelle ACI. L’Agenzia ha invece confermato un'interpretazione più restrittiva, escludendo questa assimilazione e rendendo tali rimborsi soggetti a tassazione, con il rischio di una doppia imposizione.
Quadro normativo e dubbio interpretativo
La tassazione dei veicoli aziendali concessi in uso promiscuo ai dipendenti è disciplinata dall’articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR, che prevede un fringe benefit forfetario calcolato in base a una percorrenza convenzionale di 15.000 km annui e alle tabelle ACI. La quota imponibile varia in base alla tipologia del veicolo: 50% per i motori endotermici, 20% per gli ibridi plug-in e 10% per gli elettrici.
Il dubbio interpretativo nasce dal fatto che l’Agenzia delle Entrate ha più volte affermato che, ai fini della determinazione del fringe benefit, è irrilevante se il dipendente sostenga direttamente alcuni costi di utilizzo del veicolo, come il carburante. Tuttavia, mentre per i veicoli a motore endotermico il rimborso carburante non genera ulteriore imponibile, l’Agenzia ha stabilito che il rimborso delle ricariche elettriche deve essere considerato un reddito da lavoro dipendente, soggetto a tassazione. Questa posizione ha sollevato perplessità poiché potrebbe creare una disparità di trattamento tra veicoli a combustione ed elettrici, con il rischio di una doppia imposizione per i lavoratori.
Interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, dunque, confermando quanto già espresso nella risposta a interpello n. 421/2023, ha ribadito che il rimborso delle spese per l’energia elettrica utilizzata per la ricarica delle auto aziendali elettriche assegnate in uso promiscuo costituisce reddito di lavoro dipendente e deve quindi essere assoggettato a tassazione. Tale interpretazione si basa sul principio di onnicomprensività del reddito da lavoro (art. 51 del TUIR), secondo cui qualsiasi somma riconosciuta al dipendente in relazione al rapporto di lavoro è imponibile, salvo specifiche esenzioni. L’Agenzia ha inoltre chiarito che il consumo di energia elettrica per la ricarica del veicolo non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro ai fini del fringe benefit, ma è considerato un rimborso spese.
In questo contesto, è stato specificato che anche l’installazione delle infrastrutture di ricarica presso l’abitazione del dipendente, come wallbox, colonnine di ricarica e contatore a defalco, costituisce un beneficio in natura e, pertanto, è soggetto a tassazione come reddito di lavoro dipendente.
Di conseguenza, anche se il valore del veicolo è tassato in modo forfetario tramite le tabelle ACI, il rimborso delle ricariche elettriche resta un importo aggiuntivo imponibile, a differenza del rimborso carburante per i veicoli endotermici, che non genera ulteriore tassazione. Tutto ciò porta a una disparità di trattamento tra le due tipologie di alimentazione e determina un’imposizione aggiuntiva per il dipendente che utilizza un’auto elettrica aziendale.
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