Torna l'assegno INPS per gli invalidi civili che lavorano

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Torna l'assegno INPS per gli invalidi civili che lavorano

Con un emendamento al decreto fiscale l'assegno di invalidità civile tornerà ad essere riconosciuto anche ai disabili parziali che svolgono attività lavorativa nel rispetto di specifici limiti reddituali. Lo ha annunciato il Ministro del Lavoro.

L'assegno mensile di invalidità civile va riconosciuto, entro determinati limiti reddituali, anche in caso di svolgimento dell'attività lavorativa. Lo ha annunciato il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, nel corso del question time svoltosi alla Camera lo scorso 3 novembre.

La nuova previsione, che novellerà l'attuale precetto normativo interpretato restrittivamente dalla più recente giurisprudenza della Corte di cassazione,  verrà inserita, con ogni probabilità, nel disegno di legge di conversione del decreto fiscale, all'esame del Senato.

Ma cerchiamo di capire più approfonditamente i termini della questione che ha sollevato un vespaio di polemiche da parte dei cittadini e delle associazioni di settore.

Assegno mensile di invalidità civile

L'articolo 13 della legge n. 118 del 1971, come modificato dall'articolo 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, riconosce un assegno mensile a carico dello Stato agli invalidi civili parziali, in possesso di determinati requisiti sanitari e:

  • di età compresa fra tra i 18 e i 67 anni (per il periodo dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2022. Il requisito anagrafico verrà aggiornato dal 1° gennaio 2023 in base ai dati ISTAT e agli adeguamenti alla speranza di vita);
  • con una accertata riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 74 e il 99%.

L'assegno è erogato dall'INPS in 13 mensilità a condizione che i beneficiari non svolgano attività lavorativa e per il tempo in cui persiste tale condizione.

L’importo dell'assegno in parola, per il 2021, è pari a 287,09 euro (valore provvisorio indicato dalla circolare INPS  18 dicembre 2020, n. 148), mentre il limite di reddito personale annuo 2021 è di 4.931,29 euro.

La prestazione è riconosciuta in caso di residenza stabile e abituale sul territorio nazionale, ai cittadini italiani nonchè ai cittadini comunitari e ai cittadini extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio italiano.

Incompatibilità con l'attività lavorativa

Come abbiamo visto prima, l'articolo 3 della legge 118/1971 subordina la concessione dell'assegno di invalidità alla condizione che il soggetto invalido parziale non svolga attività lavorativa, nè di natura subordinata nè autonoma. Tale condizione va autocertificata annualmente all'INPS, a cui va anche tempestivamente comunicato quando la stessa, inizialmente presente, venga successivamente meno.

Fino al 31 dicembre 2007 però era richiesta, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, l'incollocazione al lavoro ossia la condizione di chi, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili. Successivamente, con la modifica introdotta dalla legge n. 247 del 2007, è stato richiesto lo stato di inoccupazione, ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'INPS.

Nel 2008 l'INPS, con due messaggi (messaggio n. 3043/2008 e messaggio n. 5783/2008), ha identificato il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con la sussistenza dello stato di disoccupazione, che si considerava verificato per il soggetto che svolgeva attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.

Più recentemente però si è sviluppato un orientamento giurisprudenziale di segno diverso. La Corte di Cassazione infatti, con diverse pronunce, ha affermato che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa non è configurabile come una mera condizione di erogabilità della prestazione ma ha la stessa dignità del requisito sanitario ed è quindi un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale. Pertanto, lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, preclude sempre il diritto all'assegno mensile di invalidità civile.

Sulla scorta di tale orientamento, l'INPS, nel messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021, ha comunicato un cambio di rotta rendendo noto che, a far data dalla pubblicazione del documento di prassi, l’assegno mensile di assistenza di invalidità è liquidato, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario.

Interrogazione parlamentare e risposta del Ministro Orlando

Con interrogazione rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, alcuni parlamentari hanno evidenziato la situazione di grande difficoltà in cui verseranno i beneficiari dell'assegno di invalidità civile che, svolgendo attività lavorativa, si vedranno sospendere la prestazione assistenziale a seguito delle nuove indicazioni dell'Inps.

Gli interroganti hanno fatto presente che " privare di tale assegno una platea di cittadini con invalidità rilevante, che con sforzo e dedizione si impegnano per svolgere un'attività lavorativa anche residuale al fine di una piena partecipazione alla società, come richiamato dal dettato costituzionale agli articoli 3 e 4, rappresenta un grave passo indietro del Paese nella tutela dei diritti dei più deboli e nell'incentivare l'integrazione di chi versa in condizioni di disabilità".

Nel corso del question time del 3 novembre 2021 alla Camera, il Ministro Orlando, in risposta all'interrogazione, ha comunicato l'intenzione del Governo di attivarsi con un immediato intervento legislativo, "che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità".

A tal fine il Ministro ha annunciato che il suo Dicastero, sentito l'INPS, sta elaborando un emendamento, da inserire molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale, per consentire l'erogazione della prestazione in certi limiti reddituali, a prescindere dalla natura del reddito.

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