Truffa aggravata. Sequestro sui beni dell’amministratore di fatto

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Truffa aggravata. Sequestro sui beni dell’amministratore di fatto

Sì al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente disposto nei confronti dell’amministratore di fatto di una società con riferimento ad ipotesi di truffa aggravata.

Nel caso in esame, la misura cautelare era stata disposta in un procedimento nato da segnalazioni di operazioni sospette inviate dalla Banca d'Italia alla Polizia giudiziaria, segnalazioni che avevano evidenziato diverse movimentazioni di denaro tra i legali rappresentanti delle società monitorate e l’imputato, risultato operare su diversi conti correnti intestati a società beneficiarie di finanziamenti pubblici erogati.

Il Tribunale del riesame aveva riconosciuto il fumus commissi delicti in relazione alle ipotesi delittuose contestate.

L’imputato si era rivolto alla Suprema corte, deducendo, tra gli altri motivi, di non essere coinvolto nelle truffe in esame ma di essersi limitato ad una consulenza aziendale finalizzata all'ottenimento di finanziamenti.

Doglianze, queste, che non hanno convinto la Corte di cassazione, la quale, con sentenza n. 25022 del 3 settembre 2020, ha giudicato il ricorso inammissibile, in quanto proposto al di fuori dai casi consentiti.

Ricorso in cassazione contro il sequestro, quando è ammissibile?

Il ricorso in sede di legittimità contro ordinanze emesse in materia di sequestro – ha precisato il Collegio di legittimità - “è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice”.

Vizi, questi, non riscontrati nella decisione impugnata posto che, a detta dei giudici di Piazza Cavour, il Tribunale aveva congruamente argomentato le proprie conclusioni sul riscontro di una pluralità di elementi.

Tali elementi, in particolare, inducevano a ritenere che il ricorrente non si fosse solo limitato a svolgere mera attività di consulenza finalizzata all'ottenimento di finanziamenti ed agevolazioni pubbliche, ma rivelavano, per contro, la consapevole partecipazione del ricorrente ai reati di truffa in oggetto.

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