Abuso d'ufficio. Consulta: sì alla riforma da Dl Semplificazioni

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Abuso d'ufficio. Consulta: sì alla riforma da Dl Semplificazioni

La Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità sollevate dal GUP del Tribunale ordinario di Catanzaro in ordine alla nuova disciplina del reato di abuso d’ufficio.

Il giudice rimettente, in particolare, ha sollevato dubbi sia sul procedimento di produzione della norma - e, segnatamente, riguardo alla scelta di introdurla mediante decretazione d’urgenza - sia sui relativi contenuti.

La disposizione di cui si è dubitata la legittimità costituzionale è quella di cui all’art. 23, comma 1, del Decreto legge n. 76/2020, cosiddetto Decreto Semplificazioni, recante "Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale".

Secondo il GUP, la norma censurata violerebbe l’art. 77 della Costituzione, in quanto del tutto estranea alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del medesimo Decreto legge e avulsa dalle ragioni giustificatrici della normativa adottata in via d’urgenza dal Governo, legate, si rammenta, alla necessità di introdurre "misure di semplificazione amministrativa e di rilancio economico del Paese, per far fronte alle ricadute economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica da COVID-19".

Rispetto ai contenuti, ha denunciato il contrasto agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto, alla luce della modifica introdotta, l’abuso, per assumere rilievo penale, dovrebbe risolversi nell’inosservanza di una norma legislativa che preveda una attività amministrativa vincolata "nell’an, nel quid e nel quomodo", rendendo quasi impossibile la configurabilità del reato.

La riforma con decretazione d'urgenza non irragionevole

La Consulta, con sentenza n. 8 del 18 gennaio 2022, ha respinto entrambe le questioni di legittimità, rispettivamente giudicandole infondata, la prima, e inammissibile, la seconda. 

Per i giudici costituzionali, sarebbe in primo luogo erroneo sostenere la palese estraneità della norma censurata rispetto alla traiettoria finalistica del decreto.

Come emergerebbe, infatti, dal preambolo, dai lavori preparatori e dalle dichiarazioni ufficiali che ne hanno accompagnato l’approvazione, il Dl in oggetto reca un complesso di norme eterogenee, accomunate dall’obiettivo di promuovere la ripresa economica del Paese dopo il blocco delle attività produttive della prima fase dell’emergenza pandemica.

In tale ottica - ha sottolineato la Corte - il provvedimento interviene in molteplici ambiti, quali semplificazioni di vario ordine per le imprese e per la pubblica amministrazione, diffusione dell’amministrazione digitale, ma anche responsabilità degli amministratori pubblici.

Relativamente, quindi, all'intervento sulla responsabilità penale per abuso d’ufficio, la Consulta ha riconosciuto l'esistenza di un collegamento con gli obiettivi di fondo del provvedimento d’urgenza e ciò "nell’idea che la ripresa del Paese possa essere facilitata da una più puntuale delimitazione delle responsabilità".

In questa prospettiva, quindi, la modifica volta a restringere, meglio definendola, la sfera applicativa del reato dell’abuso d’ufficio non può considerarsi alla stregua di una “monade” isolata.

Per finire, la Corte costituzionale ha giudicato inammissibile la questione relativa ai contenuti sostanziali della modifica: riguardo ad esse - si legge nella decisione - resta pienamente operante la preclusione delle sentenze in malam partem in materia penale.

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