Caporalato: sì al sequestro diretto del profitto del reato

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Caporalato: sì al sequestro diretto del profitto del reato

Legittimo il sequestro preventivo in vista della confisca diretta della somma costituente il profitto del delitto ex art. 603-bis, commi 2, 3 e 4 n. 1, cod. pen.

Anche in riferimento al reato di caporalato è inoltre applicabile il principio affermato dalla giurisprudenza in materia di reati tributari commessi dall'amministratore della società: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto, nei confronti dell'amministratore, solo quando risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

E' infatti ravvisabile una perfetta analogia tra i reati tributari e il delitto di cui all'art. 603-bis c.p.: emettere fatture per operazioni inesistenti o non versare il pagamento di tributi, ossia compiere azioni fraudolente o omissive finalizzate a non depauperare, e quindi aumentare, il capitale sociale, presenta una massima similarità con l'ipotesi in cui lo stesso identico fine venga perseguito adottando condotte del pari fraudolente o omissive, ad esempio non corrispondendo la retribuzione ai lavoratori per ore di lavoro straordinario prestate, ovvero facendosi restituire da essi parte dello stipendio percepito, loro elargito solo formalmente. 

La riferibilità dell'arricchimento patrimoniale alle indicate condotte palesa appieno la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato e l'attività illecita svolta, necessario per il sequestro a fini di confisca diretta

Confiscabili, quindi, in forma diretta, le somme nella disponibilità dell'amministratore societario, che risultino il frutto del risparmio di spesa conseguito a danno dei lavoratori.

Sequestro in indagine per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione nel testo delle sentenze nn. 29397 e 29398 del 25 luglio 2022, pronunciate sui ricorsi di due soggetti, raggiunti da sequestro preventivo nell'ambito della medesima indagine, nella quale era stato loro addebitato il concorso, quali amministratori di una società, nel reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Le condotte contestate, in particolare, erano consistite nella corresponsione di retribuzioni difformi da quelle previste dai contratti collettivi, di gran lunga inferiori rispetto al numero di ore di lavoro effettivamente prestate, con imposizione, peraltro, ai lavoratori di restituire parte delle somme dovute, come risultanti dalle buste-paga, nonché di firmare verbali di conciliazione con cui rinunciare a far valere i loro diritti in sede giudiziaria per il lavoro straordinario svolto.

Il tutto, con violazione delle norme regolanti la disciplina del riposo e delle norme in materia di sicurezza e di igiene nonché con l'aggravante di avere commesso il fatto in danno di un numero di lavoratori impiegati superiori a tre.

Motivazione sul periculum carente? Misura da annullare

Nella vicenda in esame, il Collegio di legittimità ha ritenuto infondata la gran parte dei motivi di doglianza proposti dai ricorrenti, accogliendo, per contro, la censura dagli stessi dedotta circa la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora, per come da ultimo interpretato dalle Sezioni Unite di Cassazione con sentenza n. 36959/2021.

Secondo le SU, si rammenta, il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 cod. pen., deve "contenere la concisa motivazione anche del "periculum in mora", da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege".

I giudici del riesame, nella specie, non avevano esplicato le ragioni di sussistenza del periculum in mora, vale a dire gli specifici motivi per cui era stato ritenuto che il confiscando bene - peraltro fungibile e non intrinsecamente illecito, trattandosi di una somma di denaro - potesse, nelle more della celebrazione del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato

Non essendo stata fatta corretta applicazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite, le due ordinanze impugnate sono state annullate, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame.

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