Corte costituzionale: ok le norme su sciopero avvocati

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Corte costituzionale: ok le norme su sciopero avvocati

Per la Consulta, le norme che disciplinano lo sciopero degli avvocati assicurano la congruità del bilanciamento tra il diritto dei legali di astensione collettiva e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.

Questioni di legittimità inammissibili e infondate

La Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 1, 2 e 5, della Legge n. 146/1990 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero) sollevate dalla Corte d’appello di Venezia, con riferimento alla disciplina dello sciopero degli avvocati.

La rimettente, in particolare, aveva censurato la disposizione in oggetto nella parte in cui – nell'ipotesi di plurime astensioni degli avvocati dalle udienze accomunate, per espressa dichiarazione dell’associazione promotrice, dalle medesime ragioni di protesta – non prevede che la preventiva comunicazione obbligatoria del periodo dell’astensione e della relativa motivazione debba riguardare tutte le iniziative tra loro collegate, con l’indicazione di un termine finale, e non la singola astensione di volta in volta proclamata.

Il giudice lamentava la violazione dei principi costituzionali di ragionevolezza, di efficienza del processo penale, nonché degli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione.

Nel dettaglio, secondo la Corte d'appello di Venezia, le garanzie attualmente previste dalla legge e dal codice di autoregolamentazione per l’ipotesi della proclamazione di ciascuna singola astensione collettiva sarebbero non sufficienti, e quindi inadeguate, ad assicurare le prestazioni indispensabili, alle quali fa riferimento l’articolo 2 della Legge n. 146/1990, e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.

Diritto a astensione collettiva e tutela dei diritti: bilanciamento congruo

La Consulta, con sentenza n. 14 del 31 gennaio 2019, ha, in primo luogo, dichiarato l'inammissibilità delle questioni prospettate, sotto il profilo dell’esatta individuazione della norma censurata.

A seguire, ha affermato anche l'infondatezza delle medesime, in riferimento agli altri parametri evocati, le quali – si legge nella decisione - “convergono verso una censura sostanzialmente unitaria, di inadeguatezza dei limiti all’astensione collettiva degli avvocati, sì da giustificare il loro esame congiunto”.

Orbene, secondo i giudici costituzionali, la disciplina dello sciopero degli avvocati è caratterizzata da una complessiva rete di protezione che pone, da una parte, i limiti (di legge e autoregolamentari), che valgono in generale, e, dall’altra, anche il possibile intervento della Commissione di garanzia e, nei casi estremi, del potere pubblico.

Un sistema che – per la Consulta - assicura un congruo bilanciamento, in riferimento ai parametri di legge, tra il diritto degli avvocati di astensione collettiva e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, per la protezione dei quali devono essere erogate in ogni caso le prestazioni indispensabili.

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