Dimissioni per fatti concludenti: procedura in infografica
Pubblicato il 24 aprile 2025
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Gli ultimi approdi amministrativi hanno riacceso l’interesse sul nuovo istituto delle dimissioni per fatti concludenti o anche dimissioni implicite.
In vigore dal 12 gennaio 2025, il nuovo istituto è stato introdotto dal Collegato lavoro: l’articolo 19 della legge 13 dicembre 2024, n. 203 ha inserito il comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. 151/2015, rubricato “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale”.
Dimissioni per fatti concludenti: quadro regolatorio
La fattispecie si integra “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni”. In tale ipotesi, dispone il legislatore “il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.”
Sulla comunicazione datoriale è intervenuto l’Ispettorato nazionale del lavoro (nota n. 579 del 22 gennaio 2025), fornendo le prime indicazioni generali e il modello ufficiale di comunicazione.
La comunicazione va inoltrata alla sede territoriale dell’Ispettorato, da individuarsi in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro, preferibilmente a mezzo PEC all’indirizzo istituzionale della sede territoriale e deve riportare tutte le informazioni a conoscenza dello stesso datore concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui è a conoscenza.
Lo stesso INL ha sottolineato la natura non obbligatoria della comunicazione, da effettuarsi “solo laddove il datore di lavoro intenda evidentemente far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro”.
A distanza di poco più di due mesi dalla nota dell’INL è giunto poi l’intervento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Pubblicata con la circolare n. 6 del 27 marzo 2025. La circolare si è soffermata su molti aspetti della disciplina giungendo a conclusioni che hanno acceso il dibattito tra gli operatori del settore. Conclusioni successivamente ribadite e approfondite nella nota del 10 aprile 2025, n. 2504 del Dicastero, indirizzata al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, che, con lettera del 2 aprile 2025, aveva chiesto chiarimenti in merito.
Dimissioni per fatti concludenti: aspetti essenziali e procedura
Ripercorso il quadro normativo, è utile ora soffermarsi brevemente sulla disciplina del nuovo istituto delle dimissioni per fatti concludenti.
Sono questi gli aspetti essenziali che la contraddistinguono:
- assenza ingiustificata (da intendersi come mancata presentazione del lavoratore sul posto di lavoro), prolungata per un certo periodo di tempo e non comunicata dal lavoratore. L’assenza deve essere di durata superiore a 15 giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Il limite legale dei 15 giorni di assenza ingiustificata, decorso il quale scatta la risoluzione di fatto del rapporto di lavoro, “opera in via residuale, in assenza di previsione contrattuale. Tuttavia, l’espressione utilizzata dal legislatore (art. 19, L. n. 203/2024) per la quale il termine deve ritenersi in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, ha fatto propendere per la considerazione, di prudenza, della non agibilità della previsione di termini inferiori da parte della contrattazione collettiva”;
volontà del datore di lavoro di far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro - trasmissione, dal sedicesimo giorno di assenza (o in un momento successivo) della comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro con il modello predisposto dall’INL preferibilmente a mezzo PEC all’indirizzo istituzionale dell’ITL competente, riportando tutte le informazioni a conoscenza dello stesso datore concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui è a conoscenza. La comunicazione va inoltrata anche al lavoratore;
- trasmissione della comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV entro 5 giorni dall’invio della comunicazione all’ITL;
- la cessazione del rapporto di lavoro ha effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell’assenza del lavoratore all’Ispettorato territoriale del lavoro;
- l’ITL può avviare la verifica sulla “veridicità della comunicazione medesima”, contattando il lavoratore o anche altro personale impiegato presso il medesimo datore di lavoro o altri soggetti che possano fornire elementi utili per accertare se effettivamente il lavoratore non si sia più presentato presso la sede di lavoro, né abbia potuto comunicare la sua assenza. L’eventuale accertamento dovrà essere avviato e concluso entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa dal datore di lavoro;
- se il lavoratore dà effettivamente prova di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza o se l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, le dimissioni per fatti concludenti sono inefficaci. L’Ispettorato comunica l’inefficacia della risoluzione sia al lavoratore sia al datore di lavoro. La comunicazione di cessazione resterà priva di effetti e il datore di lavoro potrà, su sua iniziativa, provvedere alla ricostituzione del rapporto;
- la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti è infine inefficace se il datore di lavoro riceve successivamente, ma prima che cessi il rapporto di lavoro, la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni volontarie da parte del lavoratore (anche per giusta causa, ferma restando la necessità di assolvere il relativo onere probatorio secondo le modalità descritte dalla circolare INPS n. 163 del 20 ottobre 2003).
ATTENZIONE: Se il datore di lavoro intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal CCNL (assenza ingiustificata protratta nel tempo, di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni con conseguenze di tipo disciplinare che consentono al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo), dovrà seguire il percorso delineato dal CCNL e attivare dunque la procedura disciplinare di cui all’articolo 7 della legge n. 300/1970.
Dimissioni per fatti concludenti: infografica
Nonostante i diversi chiarimenti forniti, dubbi e criticità persistono.
Uno fra tutti: quali sono gli effetti di una eventuale revoca delle dimissioni volontarie postume, rese dal lavoratore successivamente all’avvio della procedura di accertamento delle dimissioni per fatti concludenti, inoltrata prima della cessazione del rapporto di lavoro?
A rigor di logica, la revoca dovrebbe consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Insomma, tamquam non esset?
Nell’infografica che segue, la procedura e i tempi scanditi dalla disciplina delle dimissioni per fatti concludenti.
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