Fondi, adeguamento in salita

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Il presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, Luigi Scimìa, relatore ieri a Milano del corso di formazione dedicato alla previdenza complementare organizzato da Assogestioni, ha illustrato il processo di adeguamento del fondi pensione, difficile, se non per i negoziali, che hanno subìto un rimando per questioni di natura formale.

Su trentatre fondi chiusi che hanno chiesto approvazione presentando i nuovi statuti, regolamenti e note integrative, un terzo ha ricevuto il placet della COVIP, che ha anche approvato tre nuovi fondi negoziali: Artifond (dedicato ai dipendenti delle imprese artigiane, già autorizzato ad operare), Agrifondo (riservato al settore agricolo, per il quale l’iter è ancora in corso) e Previprof (destinato ai lavoratori degli studi professionali, ma ugualmente non ancora autorizzato ad attivarsi).

Sul versante dei fondi aperti, viceversa, circa il 20 per cento su 76 che hanno trasmesso i loro nuovi documenti ottengono il sì della COVIP, laddove gli altri sono bloccati per le grosse difformità tra regolamenti e note informative o per la descrizione poco chiara delle politiche di investimento o degli elementi di costo.

Neppure un’autorizzazione, infine, per i 55 Pip. Per oltre la metà, la mancata approvazione è dipesa dalla previsione di costi eccessivamente onerosi per l’adesione o l’uscita dal fondo, ritenuti limitativi della portabilità.

Per una gestione coordinata in ambito Ue della previdenza complementare, cadono le frontiere: è garante del rispetto delle regole italiane (dlgs 252/05, che approva il Testo Unico della previdenza complementare attuativo della legge delega 243 del 2004) in territorio comunitario. Sono interessati i fondi pensione ad adesione collettiva - negoziali ed aperti – non anche le formule assicurative che gestiscono piani previdenziali individuali.

Così, per i fondi pensione italiani, l’esecuzione dell’attività transfrontaliera va preventivamente autorizzata dalla Commissione, cui i fondi devono inoltrare una richiesta ad hoc, secondo le modalità individuali della Commissione stessa. Ad assenso avvenuto, il fondo pensione che opererà una raccolta transfrontaliera è tenuto alla comunicazione allo Stato membro nel quale intende agire, rispettando i vincoli rappresentati dalla necessità che il fondo si uniformi alla disciplina vigente in quel Paese in materia di informativa da rendere agli iscritti nonché a quella in materia di sicurezza sociale e diritto del lavoro e dalla necessità che esso rispetti i limiti agli investimenti come individuati dalle leggi dello Stato ospitante.

 

I fondi istituiti presso i Paesi Ue a loro volta autorizzati dall’Autorità competente nei territori d’origine a svolgere l’attività transfrontaliera, possono raccogliere adesioni su base collettiva nel territorio nazionale, rispettando il limite in virtù del quale non potranno intraprendere l’attività se non avrà fornito, , all’Autorità dello Stato membro l’informativa sulle disposizioni da rispettare in ordine al diritto alla sicurezza sociale e del lavoro, ai limiti agli investimenti e alle regole in tema di informativa agli iscritti.

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  • ItaliaOggi, p. 36 – Per la scelta conta il periodo di paga – Cirioli

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