I chiarimenti delle Entrate su ciò che entra a far parte della base imponibile del lavoratore dipendente

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Con la risoluzione n. 26 del 29 marzo 2010, l’agenzia delle Entrate ho voluto offrire alcuni chiarimenti in merito ai principali quesiti in materia di redditi da lavoro dipendente, che sono stati posti in occasione del Forum Lavoro del 17 marzo scorso. Con il documento di prassi in oggetto sono stati ufficializzati i seguenti punti: la rilevanza fiscale dei ticket restaurant ai fini della franchigia di esenzione dei fringe benefits; i criteri identificati degli oneri di utilità sociale e il criterio del valore normale.

Per quanto riguarda i ticket restaurant, cioè le prestazioni sostitutive di mensa aziendale, si ricorda che la norma afferma che le stesse fino a 5,29 euro sono escluse dalla formazione di reddito di lavoro dipendente dei lavoratori assegnatari, verificando tale limite rispetto al loro valore nominale (articoli 51, comma 2, Tuir). A tal proposito, è stato domandato se, invece, l'importo dei buoni pasto che supera la soglia di esenzione di euro 5,29 euro, dovesse o meno essere computata ai fini dell'eventuale raggiungimento della soglia di esenzione dei cosiddetti fringe benefit di euro 258,23 euro prevista dal comma 3 del medesimo articolo 51. L’agenzia delle Entrate ribadisce che l’esenzione del comma 3 citato non riguarda le erogazioni in denaro, ma solo i compensi in natura prevedendo, esplicitamente l'esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei beni o servizi di valore non superiore al citato limite di 258,23 euro. Da qui, la conclusione secondo cui i ticket restaurant non costituiscono erogazioni in natura ma, vere e proprie erogazioni in denaro, secondo quanto evidenziato proprio dal loro valore nominale. Di conseguenza, la quota eccedente il limite di 5,29 euro non può essere considerata assorbibile dalla franchigia di esenzione prevista dal citato articolo 51, comma 3, per cui essa concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Per quanto riguarda, poi, i beni ed i servizi acquistati dal datore di lavoro in virtù di particolari convenzioni e successivamente offerti ai dipendenti dell’azienda, la risoluzione 26/E specifica che essi costituiscono reddito di lavoro dipendente sulla base del minor prezzo di acquisto che il datore stesso è riuscito ad ottenere dai propri fornitori. L’apertura evidenziata nella risoluzione da parte dell’Agenzia consiste nel fatto che nel calcolo del valore normale che si deve effettuare per valorizzare i beni e servizi che si vogliono offrire ai lavoratori o ai loro familiari occorre tener conto dei cosiddetti “sconti d’uso”. Pertanto conclude la risoluzione 26/E che il “valore normale di riferimento, per i beni e i servizi offerti dal datore di lavoro ai dipendenti, può essere costituito dal prezzo scontato che il fornitore pratica sulla base di apposite convenzioni ricorrenti nella prassi commerciale”. Da ciò, la conclusione che il reddito di lavoro dipendente sarà favorito da tale meno elevato valore, rendendo imponibile per il lavoratore, sia ai fini fiscali che contributivi, l’effettivo costo sostenuto dal datore di lavoro.

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