I congedi parentali alla luce del Jobs Act
Pubblicato il 23 luglio 2015
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L’art. 1, commi 8 e 9 della legge delega n. 183 del 2014 ha delegato al Governo di legiferare in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e lavoro. In attuazione delle delega è stato emanato il D.lgs. n. 80/15, che contiene tra l’altro disposizioni che incidono sulla disciplina dei congedi parentali.
Il D.lgs. n. 80 cit. è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 2015, serie generale n. 144, supplemento ordinario n. 34, ed è entrato in vigore il giorno successivo ossia il 25 giugno 2015. Il legislatore delegante non ha previsto un periodo di vacatio legis, né una disciplina transitoria, sicché dal 25 giugno sono applicabili le nuove norme. Semmai l’art. 26, comma 2, del D.lgs. n. 80 cit. ha disposto la valenza sperimentale delle nuove misure, le quali saranno invero vigenti fino alla data del 31 dicembre 2015, poiché gli stanziamenti finanziari all’uopo assegnati (€. 222 milioni) consentono solo di coprire l’arco temporale che intercorre tra il 25 giugno e il 31 dicembre 2015.
L’art. 26, comma 3, infatti, stabilisce che la vigenza delle nuove norme anche per l’anno 2016 è condizionata all’adozione di ulteriori decreti che assegnino stanziamenti finanziari aggiuntivi. Nel caso in cui tali decreti non vengano adottati, l’art. 26, comma 4, del D.lgs. n. 80 cit. prevede il ritorno alla pregressa disciplina, con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall’anno 2016.
Venendo al merito delle riforme, l’art. 32, comma 1, del D.lgs. n. 151/01, come modificato dall’art. 7 del D.lgs. n. 80 cit., consente ai genitori lavoratori o lavoratrici dipendenti di fruire, per ciascun bambino, di periodi residui di congedo parentale non indennizzabile, non più fino a 8 anni, bensì fino a 12 anni di vita del figlio oppure fino ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.
Come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, il congedo parentale configura un diritto potestativo che il padre o la madre possono esercitare nei confronti del datore di lavoro, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia (cfr.Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 16/06/2008, n. 16207; dello stesso tenore anche la giurisprudenza contabile C. Conti Toscana Sez. giurisdiz., 08/07/2010, n. 24; contra ma isolata Trib. Trieste Ord., 13/07/2007). Pertanto, per la S.C. “ove si accerti che il periodo di congedo viene utilizzato dal padre per svolgere una diversa attività lavorativa, si configura un abuso per sviamento dalla funzione del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività (…) contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro Sent., n. 16207 cit.).
L’INPS, con messaggio n. 4576 del 6 luglio 2015, ha previsto che per i congedi richiesti per figli di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, o per minori adottivi o affidati di età compresa tra l’8° ed il 12° anno di ingresso in famiglia, la domanda, per il solo mese di luglio 2015, deve essere presentata con modalità cartacea, utilizzando il modulo SR23, rinvenibile nella sezione modulistica del sito dell’Istituto.
Il Legislatore ha ampliato anche il periodo di fruibilità del congedo parentale indennizzabile nella misura del 30% della retribuzione media giornaliera. Premesso che tale indennizzo viene corrisposto per un periodo massimo complessivo, tra i genitori di sei mesi, l’art. 9 del D.lgs. n. 80 cit. interviene sull’art. 34 del D.lgs. n. 151 cit., stabilendo che il congedo in questione è fruibile non più fino ai 3 anni del bambino ma fino a 6 anni di vita di quest’ultimo ovvero fino a 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.
L’art. 1, comma 339, della L. n. 228/12 (c.d. Legge di stabilità per il 2013) aveva previsto che tale congedo potesse essere fruito anche su base oraria, ma rinviava alla “contrattazione collettiva di settore” il compito di regolamentare le modalità di fruizione del congedo medesimo, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Il Ministero del Lavoro, con risposta a interpello 25 del 2013, sollecitato dalle principali organizzazioni sindacali, era intervenuto per chiarire che la locuzione “contrattazione di settore”, adoperata dall’art. 1, comma 339, della L. n. 228 cit., non osta a una lettura della norma che legittima i contratti collettivi di secondo livello a dettare le regolamentazione attuativa del congedo su base oraria.
Ebbene, l’art. 7, comma 1 ter del D.lgs. n. 80 torna nuovamente sull’istituto de quo, conferendo ai genitori la facoltà di avvalersi del congedo su base oraria anche nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva, eventualmente di livello aziendale, non abbia regolamentato l’istituto. Ciò in quanto la regolamentazione del congedo orario viene dettata direttamente dal novellato art. 32, comma 1 ter del D.lgs. n. 151 cit., che per un verso contiene il frazionamento orario in misura “pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale”; per altro verso pone il divieto per il beneficiario di cumulare la fruizione oraria del congedo con permessi o riposi disciplinati dal D.lgs. n. 151 cit..
Ai fini dell’esercizio del diritto de quo, il riscritto art. 32, comma 3, del D.lgs. n. 151 cit. stabilisce che il genitore, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi applicati dall’impresa. In ogni caso, il termine del preavviso non potrà essere inferiore a 2 giorni per il congedo orario e 5 giorni (non più 15 giorni come in precedenza) per quello ordinario, indicando in quest’ultimo caso l’inizio e la fine del periodo di congedo.
Anche il D.lgs n. 81/15, in attuazione delle delega per il riordino delle forme contrattuali, si occupa di congedo parentale, prevedendo all’art. 8, comma 7, che entrambi i genitori possano chiedere, in luogo della fruizione del congedo parentale, la trasformazione temporanea del contratto di lavoro in part-time. La trasformazione può essere richiesta una sola volta, con una riduzione di orario non superiore al 50% e per un periodo di tempo massimo corrispondente ai limiti temporali di congedo ancora fruibili, ai sensi dell’art. 32, D.lgs. n. 151 cit., da parte del genitore. Si tratta di un diritto potestativo del lavoratore, con la conseguenza che il datore di lavoro non può opporre nessun diniego all’istanza anzi, dispone espressamente la norma, quest’ultimo deve dar corso alla trasformazione del rapporto entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta medesima.
Va aggiunto che lo stesso art. 8, comma 5, del D.lgs. n. 81 cit., riconosce al lavoratore o alla lavoratrice con un figlio convivente di età superiore a 13 anni, o portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 104 del 1992, un diritto di precedenza nella trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time.
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